«Fini torna in scena, sulla scena pubblica, domenica a Mirabello? Bene, sa che cosa le dico? Non aspettiamoci grandi cose». Gavino Sanna, allievo di Andy Warhol, mago della pubblicità (ha vinto sette Oscar degli spot, i Clio negli States, tra le sue campagne più celebri quelle ideate per Barilla, Rana, Fiat, Tuborg) guru delle comunicazione, re dell’immagine ( è artefice del successo di Renato Soru governatore della Sardegna nel 2004, ma anche di quello del suo avversario Ugo Cappellacci, cinque anni dopo) osservatore acuto e puntuale degli usi e costumi della nostra società, sintetizza, con una battuta fulminante delle sue, la tanto attesa ri-apparazione del presidente, desaparecido della Camera. E tratteggia, parola dopo parola il ritratto più fedele dell’uomo più chiacchierato e contestato dell’estate.
Intende dire che Fini non dirà nulla nemmeno dopo questa sua lunga latitanza?
«Esattamente. O almeno è ciò, che più probabilmente, potrebbe accadere perché l’uomo, certamente favorito dalle circostanze tipo il parlamento chiuso, gli italiani in vacanza eccetera, ha avuto buon gioco a mantenersi in disparte a non uscire alla scoperto, a tacere. E tacendo non ha commesso errori. Quindi potrebbe anche scegliere di continuare su questa linea».
Ma scusi, tacere è esattamente il contrario di comunicare, magari anche la sua verità, semmai ne avesse una...
«La scelta del silenzio, mi creda, è comunicazione. Perché il silenzio a volte, come nel suo caso è davvero assordante, è una comunicazione che fa più chiasso, perché continua a suscitare dubbi, interrogativi. Un silenzio di cui lui ha fatto tesoro e a cui si è aggrappato per non fare passi falsi. Un silenzio che fa discutere perché induce la gente a domandarsi come andrà a finire».
E come andrà a finire, secondo lei?
«Andrà a finire che Fini cercherà di tirare avanti il più possibile con il suo non dire. Persino sulla scelta di fare o non fare il suo partito potrebbe non essere esplicito con i suoi a Mirabello. Potrebbe usare di nuovo i se e i ma. Potrebbe far capire e non far capire per continuare a tenere sulla corda il Cavaliere».
Una corda che, però, si può rompere se Gianfry non si chiarisce le idee
«Certamente, altrimenti se prima o poi non finisce in un modo o nell’altro, i primi a rompersi le palle, me lo lasci dire, saranno gli italiani. Ma al momento Fini non ha interesse a chiudere. A farla finire questa partita. Si comporta un po’ come Walter Chiari quando si infilava in quelle sue interminabili storielle che tenevano lo spettatore incollato per minuti e minuti in attesa della battuta conclusiva. Ecco, Fini spera di ottenere qualcosa, giocando questo ruolo in questo surreale scontro che non è più politico ma oramai è diventato solo una sfida fra lui e Berlusconi».
Ma l’immagine, dove la mettiamo l’immagine? Quella di Fini sta andando in mille pezzi
«Certo il suo non dire e la sua latitanza possono aver fatto indispettire centinaia, migliaia di persone. Ma questo, chiamiamolo dettaglio, passa in secondo piano rispetto al teatrino. È il teatrino in cui recita Fini che più sta appassionando. Un teatrino in cui, oltre ai primi attori non manca nessuno. Ci sono i fedeli, gli ex fedeli, i giuda, i saggi, i falchi e le colombe. E questo spettacolo almeno per un po’ ancora, può piacere agli italiani».
Davvero è convinto che sia così divertente per gli italiani?
«Che sia divertente o meno non lo so. Posso rispondere citando Longanesi quando diceva: “Il primo che suona la tromba gli vado dietro”. Ecco, siccome siamo un popolo che è abituato al casino, alle sparate sensazionali, ai colori, ai colpi di scena, il grigio come quello di Fini rischia di essere notato. D’altra parte il suo mutismo è degno del copione di un noir, di un giallo di Agatha Christie»
Se parliamo di teatrino mi sembra che Fini fino ad oggi non abbia regalato grandi battute...
«E qui sta la sua abilità, se vogliamo definirla così. Perché se c’è il sangue, se c’è lo scontro fulmineo e diretto la partita si chiude subito e la gente dopo una settimana se l’è già dimenticata. Invece se la tiri in ballo più a lungo possibile ci puoi anche guadagnare. O almeno puoi non perdere. Vede, Fini è un po’ come una ballerina che intrattiene il pubblico con grandi giri di valzer ma al pubblico non frega niente di quei noiosi giri di valzer. Il pubblico resta lì nella speranza di vedere prima o poi le tette della ballerina. E le tette di Fini sono il partito che farà o non farà».
Recita per recita voglio farle dire se Fini getterà la maschera prima o poi...
«E io le rispondo con un’altra battuta teatrale: Fini, nell’ultima scena si potrà anche togliere la giacca ma terrà la cravatta».
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