Alla faccia del fair play. Marta Vincenzi, sindaco di Genova, prende una sonora bastonata alle primarie, insieme a tutto il Pd. Vince Marco Doria, l'outsider sostenuto da Nichi Vendola. E la Vincenzi incassa la sconfitta con un certo savoir faire...
Una ventina di tweet nel giro di due ore. Tanti i commenti che inondano il profilo social. Abbastanza da far venire il dubbio che non sia lei a scrivere e che qualcuno magari le abbia "rubato l'identità", se così si può dire. Dubbi che però durano il tempo di un rapido controllo che fuga ogni dubbio: il profilo twitter è linkato anche su martavincenzi.it, il sito ufficiale del sindaco, proprio sotto la biografia politica.
La Vincenzi ne ha una per tutti. A cominciare da don Gallo, reo di appoggiare la campagna del suo avversario Doria, quel Doria definito un "predicatore", che vince solo i voti degli anticasta. Anticasta perché - si suppone - appoggiato da un elettorato più radicale, non particolarmente toccato dalla bassa affluenza alle primarie.
Poi una per il partito di Bersani, che non l'ha digerita, non ha mandato giù il "lutto del 2007" e la sua discontinuità rispetto ai suoi predecessori. E siccome non è abbastanza, ecco arrivare pure il paragone storico. "Ad Ipazia è andata peggio". In fondo è vero, lei mica l'hanno ammazzata. E giusto per buttarla ancora un po' in polemica, nello sfogo della Vincenzi c'è spazio anche per il velato dubbio del sessismo e dell'inadeguatezza del Paese.
Sì, perché "da maggio non ci sara' più un sindaco donna in nessuna grande città italiana né di destra né di sinistra". Almeno questo è consolatorio: "È finito il tormentone linguistico! Si torni all'antico: sindaca, sindachessa, la sindaco... Che orrore!".
E poi ancora: "Le donne che scendono in piazza fanno piazzate". Il sindaco si lascia scappare anche questa stoccata. Che gli si ritorce pure contro. A far piazzate su virtuali piazze c'è riuscita benissimo.
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