Il G8 e i troppi silenzi sugli «innocenti»

(...) Altri, rimasti sconosciuti, l'hanno fatta franca, lasciando sotto scacco coloro che quella sera avevano firmato un verbale «cumulativo» che comprendeva qualsiasi aspetto dell'ultima giornata del G8, oppure coloro che componevano il «Settimo nucleo mobile», quel fiore all'occhiello passato «dalla gloria alla gogna del G8 di Genova».
Nei ricordi di Canterini non ci sono tenerezze, tentativi di nascondere anche le verità scomode. Ci sono atti di accusa. Per tutti. Perché, anche se la verità dei giudici non lo dice abbastanza chiaramente, Genova in quei giorni fu davvero devastata da folli black bloc e finti pacifisti. Il movimento no global aveva pianificato tutto in anticipo e sarebbe stato possibile andare a caccia dei responsabili. Prima del vertice venivano diffuse dai media notizie apocalittiche, che descrivevano inverosimili scenari di attacchi da guerre stellari, ma il «manuale del blocco nero» con tutte le tattiche e i suggerimenti utili ai devastatori circolava su internet. Quel che sarebbe successo a Genova, come sarebbe stata messa a ferro e fuoco la città era stato «anticipato» per filo e per segno. Ma su questo nessuno indagò, né prima, né dopo.
In strada, di fatto, ci furono cariche e botte tutt'altro che leggere da parte di polizia e manifestanti, ma ci furono anche episodi di umanità mai raccontati. E nella stupida sera della Diaz ci fu soprattutto tanta incapacità da parte dei vertici della polizia, ma anche bestialità da parte dei picchiatori. Alla fine pagarono le persone sbagliate.
Quel «Settimo nucleo» era stato addestrato per mesi a «prenderne così tante» eppure a non avere «mai una reazione fuori posto, un uso improprio dello sfollagente». Aveva anche passato un vero e proprio test pre G8 al ritorno di «un treno stracarico dei peggiori tifosi romanisti di rientro da Napoli». L'operazione era stata talmente ben fatta che «i poliziotti del Settimo s'erano guadagnati fama e onore. Tanto che fecero la fine di Buffalo Bill, partecipando a caroselli dimostrativi per il ministro dell'Interno, il Capo della polizia, i vertici dei carabinieri, governanti esteri e responsabili di polizie straniere». Tutti ammirati per la capacità di mantenere freddezza e operatività del nucleo «affidabile nelle condizioni più infide, istruito a non infierire sugli inermi».
E allora? A Genova è andato tutto al contrario? Non tutto. In strada, durante gli scontri, «la battaglia con il blocco nero era qualcosa di indescrivibile, impensabile, incredibile. Erano tanti, troppi. Professionisti come noi», ricorda Canterini. Ma il «Settimo» era riuscito a far fronte a situazioni impossibili, in particolare durante l'assalto alla caserma della polizia stradale in via Saluzzo. In quel frangente l'addestramento durato mesi era venuto fuori. E il comandante del «Settimo» - «Biancaneve», come lo chiamavano i suoi uomini perché era sempre davanti ai suoi «sette nani» - ricorda «l'agente Attilio Tarallo che aveva preso fuoco come un fiammifero, Sandro Mostardi che si era ustionato coi lacrimogeni, Antonio Cascello gridava per la frattura scomposta alla mano penzoloni. E poi il più sfigato, Massimo Nucera, il “Flanella”, che verrà accoltellato alla Diaz». Tutti decisi a sventare quell'assalto, al termine del quale «alcuni del blocco nero giacevano a terra doloranti. Chiedevano aiuto agli avvocati del Legal Team giurando che s'era trattato di assalti indiscriminati della polizia cilena». La solita manfrina che poi faceva il giro del mondo grazie ai media.
Le botte, insomma, ci sono state, perché in città la guerriglia c'era. Eppure il «Settimo» agiva professionalmente. Come durante la dura carica in via Tolemaide. O la tensione in corso Torino, con Canterini pronto a spruzzare anche dello spray urticante negli occhi a un avvocato che non rispettava gli ordini ricevuti. Ma anche con Marcello Pezzolla, un agente capace di togliersi la maschera antigas per passarla a un manifestante ferito che rischiava di asfissiare. Scene di guerra, con professionisti della guerra. Con tanto di «tacito accordo segreto» tra Tute Bianche e polizia mandato in fumo dalla violenza dei black bloc.
Poi, la Diaz. Un'operazione decisa da grandissimi poliziotti, che però pianificavano un intervento «nella certezza di andare a botta sicura» per arrestare i violenti, dimenticandosi che «l'ordine pubblico non era la loro specialità». Per questo avevano ignorato le obiezioni dello stesso Canterini che poneva dubbi tecnici ma che aveva alla fine obbedito all'ordine di andare alla Diaz. Addirittura c'era stato chi aveva sperato di «ridare lustro alla polizia oltraggiata dai black bloc» e aveva «allertato anzitempo tv, radio e giornali per magnificare un intervento dalle conseguenze tutt'altro che scontate». Canterini non ha dubbi, anche quella decisione «fu sbagliata. Fu una puttanata». Tra coloro che non hanno pagato c'è anche l'artefice di quella scelta.
Quando si tratta di raccontare la Diaz, Canterini non si tira indietro. Aggiunge i suoi ricordi che si sovrappongono perfettamente alle immagini ben note che circolano. Semplicemente dissente sui protagonisti di quei pestaggi assurdi, dicendosi convinto che a picchiare non siano stati i suoi uomini. Certo, le sentenze dicono cose diverse. Ma è anche vero che i processi, le accuse dei pm, le sentenze dicono anche il contrario di quanto accertato da molti periti super partes. La coltellata che l'agente Massimo Nucera ha detto di aver ricevuto è stata ritenuta compatibile con i segni sul suo giubbino protettivo. Eppure i giudici non ne hanno tenuto conto. La sassaiola con cui i «pacifisti» della Diaz hanno accolto i poliziotti è certificata da immagini e perizie, ma è stata negata dai magistrati.
Tutto questo ha fatto male a Canterini e ai suoi uomini. Ma più ancora, a chi è passato «dalla gloria alla gogna del G8 di Genova», brucia l'idea che «i veri demoni, quelli che hanno approfittato dell'impunità dopo aver goduto a percuotere anziani claudicanti e ragazze nei sacchi a pelo, erano vestiti in jeans e maglietta con il fratino “polizia”». Erano cioè colleghi poi diventati fantasmi.

È l'atto di accusa al misterioso Gos, il Gruppo Operativo Speciale della polizia sulla cui esistenza nessuno ha mai più indagato è diretto. Perché Canterini non si nasconde e non nasconde le responsabilità della polizia e con amarezza conclude le sue verità: «Il colpo più duro l'ho ricevuto dallo Stato».

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