I silenzi dei politici, atto secondo Nessuno fiata sul caso Sallusti

Cinque. Tante sono le persone che ieri hanno voluto aggiungersi al breve elenco di chi si è indignato per quanto accaduto al direttore del Giornale Alessandro Sallusti. Neppure l'editoriale del caporedattore dell'edizione ligure Massimiliano Lussana è riuscito a scuotere molte coscienze. Soprattutto il mondo della politica ligure continua a tacere. Dopo le parole di Lussana, sono arrivate le prese di posizione di Enrico Cimaschi e Gianluca Fois, attivi in campo politico (il primo è stato anche presidente del Municipio Centro Est, il secondo è stato candidato in consiglio comunale), ma soprattutto lettori del Giornale. A Sanremo c'è stato chi invece ha voluto riunire i giornalisti presenti alla seduta di consiglio comunale: Massimiliano Moroni, esponente del Pdl, ha dichiarato la sua totale vicinanza al direttore Sallusti, al Giornale, alla categoria in genere: «Ho la speranza che tutto si risolva nel migliore dei modi, con un gesto da parte delle Istituzioni per non dare seguito a questi provvedimenti restrittivi – ha detto -. Solidarietà poi al giornalista che preferisce il carcere a soluzioni alternative».
Ma per l'appunto, le Istituzioni, in particolare quelle liguri, continuano a non battere un colpo. Quei rappresentanti di Regione e Comune cui da queste colonne non risparmiamo spesso complimenti e spazio, non hanno sentito il dovere di fare neppure un colpo di telefono. Non si pensava che il sindaco Marco Doria facesse tingere d'azzurro l'acqua della fontana di piazza De Ferrari, giacché la tenuta democratica nei Paesi del Medio Oriente è certo più importante dell'incarcerazione della libertà di stampa in Italia. Ma che almeno mezza parola a margine di qualche riunioncina la spendesse, era il minimo sindacale che ci si potesse attendere da lui. Le presidenze del consiglio regionale e della giunta, hanno improvvisamente perso il numero di telefono del Giornale? Hanno forse iniziato a tagliare dalla carta e dal toner delle stampanti le spese che questo Giornale ha dimostrato non essere poi così «virtuose» come il Corriere della Sera aveva riferito?
Ma soprattutto, ancora una volta gli esponenti del centrodestra, deputati, senatori, consiglieri di vario genere e grado, quelli che spesso pretenderebbero che questo sia il «loro» Giornale, hanno dimostrato con i fatti quanto poco si sentano parte (o almeno vicini) della «famiglia». A fare il riepilogo di chi ha subito preso carta e penna ci ha già pensato ieri Massimiliano Lussana, e non ha certo sprecato troppo inchiostro: i nomi sono solo due. Raffaella Della Bianca e Gianni Plinio. Gli altri, silenzio. Ieri almeno Fois e Cimaschi si sono fatti vivi.
Decisamente di più sono stati invece i lettori che si sono sentiti in dovere di unirsi a Sallusti e alla redazione. A quelli citati già ieri, si sono aggiunti Bartolomeo Panno e Rocco, che non ci tiene a finire sul Giornale, perché lui, si sente «di famiglia» non per essere citato.

E non vuol comparire con il cognome perché in famiglia ci si chiama per nome. Ma è venuto di persona in redazione per urlare la sua indignazione, per far vedere di esserci. Se è vero che è spesso più assordante il silenzio, in questo caso la forza di semplici «voci» è quella che conta.

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