Il procuratore: «Speriamo di trovarlo vivo»

«Dobbiamo trovarlo presto, più passa il tempo e peggio è, poi questo silenzio non è certo un segnale positivo». Lo sfogo di un investigatore, nel giorno in cui la procura parla di «questione di vita o di morte», che da una settimana sta lavorando incessantemente per capire, prima di arrivare alla risoluzione, il giallo del sequestro dell'imprenditore spezzino Andrea Calevo.
Sono passati praticamente sei giorni dal sequestro e la situazione rischia di arrivare ad un pericoloso stallo. Eppure sembra che a questa storia, come nella trama di un giallo, manchi un pezzo fondamentale. C'è un buco temporale che riguarda il momento in cui Calevo è stato fatto uscire di casa ed attirato in un luogo dove, molto probabilmente lo aspettavano i banditi che poi lo hanno riportato a casa con l'auto ritrovata nel fiume. In pratica, se questa versione si dimostrerà completa, vorrà dire che tra i rapitori c'è una persona «amica» della vittima. Difficile però pensare ad un sequestro organizzato e programmato, questo perché non si capisce il motivo del dover ritornare nella villa rischiando di essere scoperti.
Il procuratore della direzione distrettuale antimafia di Genova, Michele Di Lecce, che coordina le indagini, ha comunque parlato con toni ottimistici ed annunciato che c'è «un gruppo ristretto di persone sospettate». Sempre Di Lecce ha poi detto che «ci sono delle possibilità che Andrea Calevo sia ancora vivo: lo stiamo cercando ovunque, l'area geografica è estesa, i familiari dopo cinque giorni devono continuare ad avere speranza». Resta però da capire quali siano «gli interessanti spunti investigativi» sui quali stanno lavorando gli inquirenti, ma su questo le bocche sono cucite. Intanto ancora ieri polizia e carabinieri hanno battuto tutta l'area interessata, tra Liguria e Toscana, sentendo anche delle persone. Si cerca il covo in cui potrebbe essere trattenuto il giovane, si cercano tracce, ma si cerca anche un possibile corpo. Ieri la notizia del ritrovamento di un cadavere a Viareggio, si trattava di un immigrato, ha fatto temere il peggio a tutti. A vedere l'accanimento con cui si batte il territorio però fa supporre che una pista prediletta non vi sia. Decine di militari hanno cercato, nelle scorse ore, nel bosco in località Serra (sopra Lerici), perquisendo a tappeto abitazioni e baracche, questo mentre i sommozzatori hanno scandagliato il fondo del fiume Magra. Eppure le indiscrezioni parlano di «spiragli» e possibili svolte.

Forse la chiave di tutto è ancora nelle parole del procuratore Di Lecce che, dopo le ultime ricostruzioni basate sulla testimonianza della madre, presente al rapimento, ha detto: «Non erano sprovveduti, ma pensiamo piuttosto a una banda di professionisti. Il cerchio si stringe, si indaga in ambito personale e professionale, i contorni si stanno definendo. Ma resta comunque una questione di vita o di morte», confermando i timori di molti investigatori.

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