(...) Claudio Burlando, dica una parola forte a difesa del teatro dell'Archivolto di Sampierdarena, a rischio per l'ennesima volta, non per colpe gestionali o artistiche, ma semplicemente per un peccato originale dovuto alla ripartizione del Fus, il Fondo unico per lo spettacolo, che lo sottodimensiona attribuendogli molti meno soldi rispetto ad altre realtà molto meno significative artisticamente e socialmente. Sì, anche socialmente: perché fare teatro a Sampierdarena, in piazza Modena, in via Buranello, in piazza del Monastero, è diverso che farlo a De Ferrari. È tutta un'altra storia, che come tale deve essere giudicata. Ed è surreale che l'assessore alla cultura Carla Sibilla, addirittura, anziché dire queste cose, spieghi che, insomma, vabbé sulla chiusura o sul ridimensionamento ci si può ragionare.
Tanto più che, sul palco del Modena e della Sala Mercato, grazie a Pina Rando e a Giorgio Gallione, in questi anni è passata la storia del teatro moderno italiano. In tanti, a partire da Claudio Bisio e Neri Marcorè, si sono consacrati in teatro proprio a Sampierdarena e l'Archivolto è un marchio di fabbrica tale che, ormai, gli artisti si fidano e si lasciano andare anche a imprese sulla carta impossibili. Sta succedendo anche in questi giorni (tutte le sere, fino a sabato alle 21 alla sala Mercato) con Velentina Lodovini alle prese con Quando Nina Simone ha smesso di cantare, un testo di Darina Al Joundi con la complicità di Mohamed Kacimi - El Hassani, che è molto più di un pugno nello stomaco. È come andare a teatro e prendersi nello stomaco l'intero repertorio di Tyson, sconsigliato ai deboli di cuore.
E, però, qualcosa di consigliato a tutti gli altri. Premetto che io per Valentina Lodovini - l'interprete di Benvenuti al Sud (e Benvenuti al Nord), di La giusta distanza, di Passione sinistra in uscita proprio domani - ho una specie di venerazione. Cioè, anche se recitasse l'elenco del telefono, la proporrei per l'Oscar o il premio Ubu. E lei ce ne mette del suo, come può notare chiunque la incontri in questi giorni nella sua esperienza genovese: cortese, disponibilissima con tutti, non se la tira per nulla. Insomma, una star antistar. Che, però, da sadico qual è, Gallione ha messo alla prova con il testo più difficile a sua disposizione. Prova abbondantemente superata e, soprattutto, con ampi margini di ulteriore miglioramento. La sera della prima Valentina è stata imperfetta, straordinariamente imperfetta, ma eroica se si considera che era il suo primo monologo e, di fatto, al debutto teatrale per un'attrice cinematografica come lei. Insomma, Quando Nina Simone ha smesso di cantare è certamente un work in progress, dove i progressi possono essere davvero moltissimi e quotidiani. E la Lodovini ha preso sul serio la cosa, offrendo davvero un'ottima prova, persino al di là del mio pre-giudizio positivo a prescindere.
Insieme a Velentina, poi, lo spettacolo sul palco di Sampierdarena è forse il capolavoro della carriera di Gallione, capace di firmare grandi spettacoli (la netta maggioranza), ma anche ciofeche pazzesche. Stavolta, siamo nettamente nel primo campo, con scelte registiche perfette dall'inizio alla fine, una lettura di un testo difficilissimo che è contemporaneamente speranzosa e disperata e alcuni gioielli: l'aderenza al testo e all'interpretazione delle bellissime scene e costumi di Guido Fiorato, che si supera ogni volta, le luci di Aldo Mantovani, la bellezza del fumo sullo sfondo che fa tanto concerto dei Rockets ma si presta benissimo anche a sottolineare e persino a sdrammatizzare le parti più drammatiche e un uso della musica che è contemporaneamente testo e contesto, come direbbero quelli che parlano bene. Il tutto, ribadisco, nell'ambito di un'operazione che può essere amata, ma anche legittimamente odiata. E di un testo durissimo.
Ma la vera notizia è che tutto questo avviene su un palco di Sampierdarena. E solo lì potrebbe accadere. E lì ha ancora più valore e ancora più senso, è proprio la ratio dell'Archivolto.
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