Se i compagni di lotta scaricano con i fischi i compagni di governo

(...) E sarà forse anche grazie a quei fischi sonori quanto inattesi, che la sinistra di governo ha deciso che anche in questo caso si può dire che la magistratura ha torto e che può sbagliare, che le sentenze si possono contestare tranquillamente.
Ieri Genova ha assistito alla pacifica invasione degli operai dell'Ilva che da Cornigliano sono partiti in corteo alla volta di piazza De Ferrari. Tra loro, in città, si è unito anche il sindaco che ha preso posto subito dopo lo striscione sindacale. E proprio la scelta di accorciarsi il percorso, di unirsi solo per gli ultimi metri, ha fatto andare in bestia i lavoratori. Che una volta giunti di fronte al palazzo della Regione hanno chiesto e ottenuto subito l'incontro con il governatore Burlando, che è sceso per confrontarsi insieme ai lavoratori e al sindaco. A quel punto però, dopo le prime parole in politichese che avevano l'inconfondibile sapore dell'aria fritta, il clima si è fatto teso. Molto teso. I due rappresentanti istituzionali, sommersi da urla e fischi, hanno faticato a tenere calmi gli operai. Il contatto fisico, il faccia a faccia è stato al di fuori dei tradizionali canoni sindacali, ma si è sempre mantenuto entro i limiti della corretteza. Le parole del governatore si sono fatte subito comprensive e soprattutto volte a incanalare la protesta al fianco delle istituzioni e non contro: «La vostra esasperazione è giustificata - ha detto - ma dobbiamo essere uniti per spiegare che all'Ilva di Genova siamo riusciti a tenere insieme il lavoro e i problemi ambientali».
Così le dichiarazioni dell'inquilino dell'attico di Piazza De Ferrari si sono rivolte contro le decisioni dei giudici. «Non bisogna spegnere l'altoforno, altrimenti si spegne la siderurgia italiana - ha attaccato Burlando -. La magistratura deve obbligare l'azienda agli interventi necessari per migliorare l'altoforno, ma questo deve rimanere acceso». Un concetto non originalissimo, ma almeno in grado di ribadire una possibile soluzione minima. Più difficile trovare la sostanza nei concetti espressi dal sindaco Doria, che si è lasciato andare a frasi di portata storica. «La situazione è drammatica». Ma và? E ancora: «Non si possono perdere altri posti di lavoro». In effetti. «Il tema della salute è molto importante e delicato». Davvero? «Ma l'Italia non può rimanere senza l'industria, in primo luogo senza l'industria siderurgica». Da non credere.
A quel punto era ormai passata anche la voglia di fischiare. Insomma, alla fine del pistolotto agli operai non è rimasto che rientrare in corteo nella loro fabbrica, a Cornigliano, consapevoli dell'«importanza» di avere le istituzioni locali al loro fianco. Per i loro colleghi giunti da Novi Ligure e Racconigi è stato necessario anche attendere il treno per il rientro al caldo soffocante delle stazioni. Mentre l'unico atto concreto registrato nella giornata su qualcosa che riguardi la zona è stata l'assegnazione delle poltrone di presidente e vice della Società per Cornigliano a Stefano Bernini e Giovanni Calisi.


Chi invece ha poca voglia di ridere e non è disposto ad ascoltare altri discorsi è Franco Grondona, segretario Fiom Cgil Liguria, che passa alle minacce, neppure troppo velate: «Le liti tra magistrati, ministri e ambientalisti non ci interessano - ha detto -. Ci interessa solo che a pagare il prezzo non siano i lavoratori. Se questo avverrà la protesta salirà di livello».

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