La sorella di Andrea: «Almeno diteci che è vivo»

Il giorno di Natale è passato nell'angoscia e senza notizie, così ieri pomeriggio, ancora una volta, il cancello della casa della famiglia Calevo, sulle alture di Lerici, si è aperto ancora una volta per un nuovo appello dei familiari. A parlare è la sorella del giovane imprenditore rapito, Laura, che che così voluto ringraziare le tante persone che in queste ore hanno manifestato solidarietà alla famiglia. «Andrea, non devi avere paura, devi avere coraggio - ha detto con la voce segnata dal dolore Laura Calevo parlando al fratello rapito una decina di giorni fa - la nostra famiglia ha bisogno di sapere come sta Andrea e se è vivo. Sono stati giorni difficili, è stato un Natale difficile, perché non sappiamo come sta Andrea». Il giovane imprenditore, legato al settore dell'edilizia, è letteralmente scomparso nel nulla dopo che tre persone lo hanno prima portato a forza nella sua casa, dove si sono fatti aprire la cassaforte dalla madre, e poi lo hanno portato via con la sua auto, vettura trovata il mattino dopo semi affondata lungo il fiume. Da quel giorno di Andrea Calevo non si hanno più notizie, nessuna richiesta di riscatto, nessun contatto con la famiglia, nessuna vera pista che abbia la forza di eliminare altre ipotesi investigative. Un sequestro anomalo, male organizzato in ogni caso, che sembra sempre più un episodio legato al mondo del racket del cemento o ad una resa dei conti tipica della mala.
«Volevano dei soldi, cercavano quelli - si era lasciato scappare l'altra mattina uno degli investigatori - forse lo hanno portato via per farsi aprire la cassa delle ditta, ma qualcosa deve essere andato storto». Non una rapina però, a quanto sembra, ma un'azione improvvisata. Infatti quella sera Andrea fu chiamato fuori casa con una telefonata e dopo poco vi rientrò accompagnato da tre banditi armati e travisati. Forse un debito o un «buco» lasciato da Calevo in un'operazione immobiliare dalla quale l'imprenditore si sarebbe sfilato per via della presenza di personaggi ambigui. «In questo settore operano camorra e 'ndrangheta - si confida un imprenditore spezzino - questi devono dimostrare di avere il controllo, se uno si tira indietro anche solo per poche migliaia di euro rischia di diventare un esempio». Ipotesi senza fondamento? Voci incontrollate? Forse no, infatti negli scorsi giorni sono stati sentiti molti imprenditori spezzini e della vicina Toscana, Aulla e Massa, che negli ultimi mesi avevano avuto contatti commerciali con le aziende controllate da Andrea Calevo. Senza sosta, praticamente anche nei giorni di festa, gli investigatori dei carabinieri del Ros ed i poliziotti dello Sco, coordinati dalla Direzione distrettuale antimafia genovese, hanno ascoltato anche imprenditori che negli ultimi anni sono stati «avvicinati» da persone in odore di mafia. Resta però da capire il perché del silenzio dei rapitori che dopo il rapimento non hanno più fatto avere notizie sulla vita dell'ostaggio. E cosi proseguono anche le ricerche, un'attività mai veramente chiusa, di un possibile cadavere, sia lungo il fiume che in mare. A dare una speranza alla famiglia ci sono solo le parole del procuratore capo di Genova Michele Di Lecce che in più occasioni ha ripetuto che si sta lavorando in un clima di «cauto ottimismo». Sempre Di Lecce ha affermato che «gli investigatori stanno sentendo in queste ore alcune persone, alcune delle quali informate dei fatti. I tasselli stanno andando al loro posto e non escludo novità a breve ma per adesso il silenzio è necessario per non disturbare le indagini».

E così alla famiglia non resta che aspettare e sperare, mentre la comunità spezzina si è stretta più volte attorno ai familiari dell'imprenditore. Diverse le fiaccolate nei giorni di Natale per chiedere la liberazione del giovane e pure il tradizionale «cimento d'inverno», la mattina del 24 nel mare della Venere Azzurra, è dedicato a Calevo.

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