Roma«Si è chiusa una lunga pagina dolorosa» dice il premier a Gheddafi, accogliendolo a Ciampino. Il Colonnello concorda e rilancia: «Oggi è una giornata storica, una pietra miliare posta dal mio amico Berlusconi, uomo di ferro, il cui coraggio e la cui determinazione hanno riproposto una vera e duratura amicizia tra il popolo italiano e quello libico».
Non solo frasi di circostanza, che peraltro si attendevano. Tra i due è sbocciato qualcosa di più di una reciproca considerazione. Troppe volte Gheddafi ha sottolineato durante i suoi incontri di ieri limportanza del suo amico Berlusconi. Molti i tributi concessi dal premier italiano al collega libico. Né si può limitare il tutto al fatto che i due, dopo gli affari messi già un anno fa nero su bianco, abbiano fatto trapelare nuove intese (più forniture energetiche dallaltra sponda del Mediterraneo, porte aperte alle imprese italiane nella Jamairiah) alle viste. La scintilla forse si deve al loro esser molto concreti: decisi a puntare su soluzioni condivise, ma soprattutto reali. Niente discorsi futuribili o roboanti promesse, ma un serio impegno per prender di petto i problemi. La pirateria somala, ad esempio. Gheddafi ha sostenuto - anche davanti a Napolitano - che la questione non si deve porre nellanalisi del fenomeno, quanto su quello che sta a monte. «Cè chi depreda le ricchezze marittime somale, e per questo - ha spiegato - a loro non resta altro che partire allassalto delle imbarcazioni di altri Paesi che solcano il loro mare».
Ma anche e soprattutto sul tema spinoso dellimmigrazione, il Colonnello è stato pacato ma puntuale: «In Africa sanno che al nord cè ricchezza. E dunque sono tanti i disperati, senza nemmeno una identità che tentano di arrivare in Europa. Se dovessimo dar retta a chi pensa che si debba aprire ogni porta - ha commentato secco - tutta lAfrica si affretterebbe. Ma quale asilo politico? Dovè la politica che li caccia? È la loro condizione umana che li spinge allemigrazione». Detto questo, Gheddafi non ritiene che si possa bloccare un fenomeno che è antico quanto il mondo dove tutti si sono spostati per ogni dove. Fa notare però che occorrono soluzioni. E Berlusconi concorda: «È stato calcolato che nel giro di 15-20 anni ben 6 miliardi di persone vivranno in Paesi depressi contro 1 miliardo e ottocentomila persone residenti in aree ricche». «Non è un problema che possono affrontare Italia e Libia, ma è un problema che riguarda il mondo intero» ha convenuto il Colonnello. Con Berlusconi a chiudere: «La questione di far decollare le economie povere, chiudendo i rubinetti degli aiuti a chi deposita in conti correnti svizzeri invece che destinarli alla sua gente, non è solo nostro dovere ma una nostra necessità ormai inderogabile!».
Nella prima giornata della «storica» prima visita a Roma del presidente libico, poca mondanità (pasto frugale al Quirinale con scambi di doni con Napolitano) e nessun passo turistico. Gheddafi mostra però di aver gradito. Ha rivelato ieri sera a villa Madama - dopo lincontro formale con Berlusconi e la stipula di alcuni nuovi accordi - di essersi accorto da dietro i vetri fumè della sua auto - che i romani facevano cenni di saluto e tentavano di immortalare il corteo con i loro telefonini. Lamicizia del resto, lui la dà ormai per scontata. Ha detto di attendersi tanti nostri connazionali nel suo Paese: imprenditori intanto (e Berlusconi ha sottolineato che sono allo studio «facilitazioni» per loro), ma anche turisti. Alle spalle ormai il colonialismo e i suoi misfatti. Che Gheddafi ha comunque citato a lungo per far capire quanto la sua gente abbia sofferto durante il periodo doccupazione del suo Paese. «Molti, tantissimi i crimini. Non cè prezzo per quel che si è commesso contro il popolo libico» ha tenuto a ripetere in più di una occasione. «Ma oggi siamo qui - ha spiegato a Napolitano - perché lItalia si è scusata come nessun altro Paese colonialista ha avuto il coraggio di fare fino ad ora».
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