«Giovane di testa e italiano». Cioè Spalletti

L’identikit è presto fatto: giovane, ma soprattutto nella testa, italiano, con la capacità di caricare la squadra. Non è granché originale, potrebbe attagliarsi anche a Trapattoni, ma l’ha proposto Cobolli Gigli, dunque va preso come un dogma di fede. Salvo smentite dai fatti. La Juve cerca un allenatore con queste caratteristiche ed ha chiesto una settimana di tempo prima di annunciarlo. Il segnale di un’idea sta nello spostamento della data del ritiro: slitta di una settimana. Ferrara solo allora potrebbe mollare la nazionale di Lippi. L’altro segnale l’ha dato Cobolli Gigli: «Spalletti è uno dei candidati. Penso sia un nome, non voglio spingermi oltre. Ma la scelta è allargata a quattro o cinque nomi».
Vabbè, non esageriamo. Conte sta per firmare con il Bari. La Juve non ha gradito la voglia di riportare Ventrone, il suo preparatore atletico, a Torino. Laurent Blanc ha già detto: no grazie! Spalletti ha la faccia da uno in pole position, soprattutto se l’incontro di mercoledì con Rosella Sensi prendesse una brutta piega. Fra l’altro pare sia gradito anche a Lippi, che tutti sanno prodigo di consigli. Ferrara è un’alternativa. «Gradita ai tifosi», Cobolli dixit. Resta poco altro: Allegri e Ballardini? Bravi e rischiosi. Costi a parte, l’ideale sarebbe Mancini, ma alla Juve non saprebbero nemmeno come annunciarlo. Nonostante la carta d’identità da tifoso juventino e l’abitudine a gestire una squadra da scudetto. Ma a questa Juve, a questa dirigenza non ancora solida nelle spalle, la curva ultras fa paura. Non cerca di peggio, bastano gli insulti: anche ieri davanti alla sede c’erano muri tappezzati dai contestatori.
Ed allora il vero identikit del tecnico da Juve dice qualcosa in più di quanto abbia fatto intendere Cobolli. Dev’essere uno con le spalle abbastanza larghe: gradito al tifo, ma con un curriculum d’esperienza che metta al riparo anche la dirigenza. Seccante finire nel trituratore per aver rischiato troppo. Non serve un pivello. Forse non può bastare un uomo che abbia un passato, ma per ora da giocatore. Non è una garanzia uno che abbia solo vinto il campionato di B. La Juve, l’anno prossimo, dovrà vincere qualcosa. Non può più attendere. Contano blasone e dimensione del suo mondo: il tifo vale mezza Italia. Pesa.
Allenatori giovani, non ancora affermati, hanno pur fatto la sua storia ma allora c’era alle spalle una società più forte e con miglior credibilità calcistica. Oggi tutto è da costruire. Spalletti non è il meglio, forse il meno peggio. Con una controindicazione: vuol portarsi il suo staff, composto da almeno sei persone, dal tattico al preparatore. La Juve preferirebbe affidargli uno staff di sua «proprietà».

Esperienza messa in pratica dal Milan e contro la quale si è scontrato Ancelotti per andare al Chelsea: lo staff lo mettiamo noi. La prima ipotesi porta a Massimo Neri, il preparatore che lavorava a Torino con Capello ed ora ingaggiato dall’Inghilterra. È un’idea, una prima pietra ma per Spalletti potrebbe essere un macigno.

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