GIOVANNI ALLEVI

Il pianista ribelle arriva a Sabaudia. Venerdì Giovanni Allevi sarà all’Arena del Mare, per un concerto di pianoforte solista. Un ritorno al primo amore, dunque, dopo la sbornia di Evolution, disco e tour con accompagnamento orchestrale. Allevi proporrà brani tratti dai suoi fortunati album 13 dita, Composizioni, No Concept e Joy.
«Ogni tanto - spiega il musicista marchigiano - durante il tour con l’orchestra dei Virtuosi Italiani, sento il bisogno di tornare al piano solo. La situazione in cui mi sento più a mio agio".
Come va il rapporto con il palco? L’esibizione la mette ancora a disagio?
«Ormai ho capito che sono condannato a stare sul palco, perché non posso farne a meno. Quando salgo sono terrorizzato, ma poi l’abbraccio del pubblico mi aiuta e mi rilassa. In ogni caso posso comunicare solo con le note e il pianoforte. Senza di lui mi sento perso».
È apparso su «Topolino», trasformato in papero riccioluto. Onore riservato a pochi esponenti del mondo dello spettacolo. Questa esperienza l’ha divertita?
«Sì, è stato molto bello. Dopo l’intervista mi hanno scritto tanti bambini, che poi sono anche venuti ai miei concerti. E ho anche scoperto che Topolino è amato da molti lettori adulti».
Il successo della sua autobiografia e del disco orchestrale hanno attirato qualche critica. Qualcuno l'ha accusata di essere presuntuoso come Topolino.
«Se c’è un difetto che non ho è la presunzione. Sono animato dallo stupore e se qualcuno mi fa "bù" salto per lo spavento. In ogni caso, è importante che si parli male di me, perché conferma che la mia scelta musicale rappresenta una rottura con la tradizione. Il mondo della classica è in profonda crisi e trova le ragioni di questa crisi nell’ignoranza della gente e nel vuoto istituzionale. Poi arriva Allevi e dimostra a tutti che i progetti di musica classica e strumentale hanno successo, nonostante l’assenza di supporto istituzionale. Ecco perché i signori dell’accademismo vorrebbero cancellarmi».
Per definire le sue composizioni parla di «nuova musica classica contemporanea». Quali sono le sue fonti di ispirazione e come ha maturato l’idea di forzare la tradizione, arrivando al suo stile personale?
«La mia è una forte esigenza artistica. Quando ero studente di composizione al Conservatorio di Milano ho iniziato a pensare che ero matto, oppure che erano matti tutti quelli che mi circondavano. Un po’ come prendere l’autostrada contromano e pensare che siano in errore tutti quelli che ti vengono contro. In quella situazione, o vieni soffocato o apri una nuova strada. Il caso ha voluto che fossi proprio io ad aprire questa strada, che parte dalla tradizione ma è aperta agli stimoli di oggi. Se proprio dovessi indicare una fonte di ispirazione, dovrei citare Chick Corea e la sua esperienza con la Electric Band».
«Evolution» è un progetto molto complesso, che ha richiesto anni di lavoro. Quale sarà il passo successivo?
«Volevo che l’orchestra sinfonica fosse protagonista e ho affrontato quattro anni di lavoro maniacale. Il disco ha aperto nella mia mente tante strade nuove. Ora tutto è possibile, perché la gente mi ha seguito anche in questo progetto, incoraggiandomi a cercare e perlustrare altre vie. Non so ancora cosa farò, magari tornerò al piano solo, oppure mi cimenterò con la musica da camera».
Da pochi giorni il suo disco «Joy» è stato pubblicato anche in Giappone. È pronto ad affrontare anche quel pubblico?
«Ho trovato forum in cui fan giapponesi si scambiavano i file e parlavano di me.

Ora la casa discografica ha pubblicato il cd e presto potrò suonare anche per loro. Mi sono esibito tante volte in Cina, ma il Giappone è ancora da scoprire".
Allevi tornerà a Roma il 7 settembre, per aprire la nuova stagione dell’Auditorium

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