Le giurie garantite, le sale vuote, le scene mute

Si è sentita l’assenza del press agent Lucherini che ha preferito dedicarsi alle ragazze di Miss Italia

da Venezia

Il Conte Giovanni Volpi, figlio del fondatore della Mostra, ogni anno provvede alle coppe omonime, ma quest'anno non s'è visto alla premiazione e nemmeno nei giorni precedenti. Il Conte è stato solo alla festa di George Clooney, che non si teneva al Lido, per la Mostra, ma alla Giudecca, cioè accanto a casa sua. Poi il Conte ha lasciato la città. Aveva infatti candidato Lord John Browne - ex presidente della British Petroleum, ex vicepresidente del British Museum - a guida della Biennale; inascoltato, il Conte ha preferito seguire la Mostra non dalla platea, ma da Ginevra.
Per una personalità partita, varie personalità non arrivate. Per esempio, Enrico Lucherini, decano degli addetti stampa. L'anno scorso era stato celebrato dalla Mostra col documentario di Antonello Sarno Enrico LXXV. Lucherini era commosso, eppure quest'anno non s'è visto. Giustificazione: era giurato nel concorso di Miss Italia. Ma colpisce la prima assenza d'un sempre presente.
Assente dalla Mostra anche il direttore del Festival di Cannes, Thierry Frémaux. Da quando la Mostra annuncia ogni nuova edizione a Cannes, durante il Festival, e diffonde comunicati sovrapponendosi a eventi preliminari di Cannes, fra le due istituzioni c'è il gelo. Sì, quest'anno, Gomorra e Il divo hanno preferito il Festival alla Mostra: autori e produttori scelgono infatti la miglior vetrina. E poi dalla Mostra nessuno aveva garantito a Garrone e a Sorrentino il Leone d'oro. Direte: come garantirlo? Formando la giuria in un certo modo. Chiedete a chi ha rifiutato Leoni garantiti: Woody Allen nel 2007; Maurice Garrel nel 2008.
Sì, è stato meglio non venire per Frémaux. Direttore anche dell'Institut Lumière, si sarebbe irritato vedendo ogni film della Mostra preceduto da un frammento dell'Arroseur arrosé (L'innaffiatore inaffiato) dei Lumière, su cui s'innestava una parodia del medesimo: garzoni ancheggianti, l'uno sculacciante l'altro, fino a un turgido, allusivo innaffiare...
Oltre al buon gusto e alle buone maniere, specie internazionali, assente da questa Mostra è stato soprattutto il pubblico. In ogni Mostra, in ogni Festival ci sono proiezioni sfortunate. Ma questa Mostra, che già attendeva una sala da 2.100 posti nell'edificando palazzo del cinema, ha avuto ampi spazi vuoti nella sala da mille posti; peggio, li ha avuti mentre Ermanno Olmi riceveva il Leone d'oro alla carriera. Il suo Manon - il cui restauro non sarebbe stato costoso - è stato per giunta proiettato su supporto video, dettaglio imbarazzante per una Mostra del cinema, il cui direttore stava vantando le doti dell'Olmi «rosselliniano». Alla moglie sfrontata, Gilberto Govi diceva: «Se cadi, sarà il lastrico a sanguinare». Era la battuta d'una commedia, non di un film. Ma ci è venuta in mente lo stesso.
Ancora a proposito di qualità tecnica: Il papà di Giovanna di Pupi Avati è stato proiettato alla stampa quotidiana per i primi dieci minuti senza audio.

Il silenzio dello schermo era infranto da frizzi e lazzi, comprensibili quanto crudeli. A riportare l'umorismo a livelli di gente che si crede intelligente è stato in extremis Gianni Ippoliti, tuonando nel buio: «Chi vuole il sonoro, alzi la mano!».

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