È un Garibaldi tridimensionale e tricolore quello che dal suo monumento in Piazza Cairoli rimanda i milanesi alla mostra Giuseppe Garibaldi. Sulle tracce di un mito, realizzata al Museo del Risorgimento (fino al 27 aprile) a cura dellIstituto del Risorgimento Italiano.
Litinerario si snoda in tredici sale e già dalla prima lesposizione immerge il visitatore in bandiere, quadri, cimeli, documenti, abiti, divise, modelli di navi e strumenti: polene, rose dei venti, bussole... La rassegna ripercorre cronologicamente una vita lunga e piena di avventure. Si parte dal certificato di battesimo del piccolo Giuseppe registrato a Nizza nel 1807, accanto al quale cè un delicato ritratto a olio della madre, Rosa Raimondi. Gli anni della giovinezza sono contrassegnati dalla sua iscrizione al «Libro dei mozzi» a 17 anni, e poi dallimbarco su brigantini che hanno per nome «Costanza» e «Santa Reparata»: con questultimo solca le acque del Mar Nero e dallestremo Oriente, combattendo contro i pirati.
Capitano di II classe del «Clorinda», a 25 anni gli si potrebbe aprire davanti una carriera nella Marina del Regno di Sardegna, ma nel suo vagare lungo i mari è già venuto a contatto con il pensiero mazziniano: si è affiliato nel 1933 alla Giovane Italia e il destino prepara per lui una vita da esule e da eroe. Lanno dopo, la sua partecipazione alla fallita insurrezione di Genova lo costringe alla fuga dallItalia e dà inizio alla sua attività di patriota in Uruguay e Brasile.
La mostra allinea numerosi reperti e quadri che lo ritraggono a Taganrog, a Marsiglia, a Neutonier, insieme al ritratto di Anita opera di Gerolamo Induno. Ci sono anche le bandiere con cui la Legione italiana da lui guidata combatterà per lindipendenza di Rio Grande e dellUruguay, la sua sella da cavallo, il suo poncho e la celebre camicia rossa, in origine un indumento usato dai lavoranti uruguaiani della salatura della carne e da quel momento lemblema del «garibaldinismo».
È difficile riunire in un numero sia pur cospicuo di stanze una vita così debordante. Basterà dire che al decennio sudamericano, seguirà il decennio italiano che lo vede partecipare alla Prima Guerra dIndipendenza del 1848, alla difesa di Roma del 1849, alla tentata difesa di Venezia, per raggiungere la quale nelle paludi di Ravenna morirà ladorata compagna, incinta di un altro figlio, di cui Pietro Bouvier ha lasciato un olio passato alla storia dal titolo «Anita morente». La difesa di Roma di cui Mazzini è lanima repubblicana, e un successivo incontro da esiliati a Londra del 1954 segnano il momento massimo dellaccordo e della successiva rottura fra questi due artefici del Risorgimento. Da adesso in poi Garibaldi si orienterà per lindipendenza anche sotto la monarchia sabauda.
La rassegna presenta la scrivania di Mazzini con tanto di lampada a petrolio, lettere e spartiti. Sopra di essa un olio dellAppiani intitolato Giovane Italia emigrata che si preme il cuore del 1855 e il ritratto londinese di Mazzini di Felix Stone (1862) e a seguire numerosi reperti e dipinti relativi ai protagonisti dellepoca: busti di Vittorio Emanuele II, Napoleone III, Cavour, l«odiato» Radetzky. Svetta anche un grande busto di Garibaldi del 1887 di Francesco Barzaghi.
Nello spazio successivo cè posto per lepopea risorgimentale più classica: i quadri di Gerolamo Induno tra cui I Mille a Quarto, quello di Remigio Legat della Battaglia di Calatafimi, e insomma tutta lepopea di Marsala, del Volturno e di Teano.
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