Più gli episodi di bullismo nelle scuole si moltiplicano, più viene da pensare che questo fenomeno non si risolva con facili ricette, ma che sia piuttosto la punta di un iceberg che rimandi a qualcos’altro di più difficile da sradicare. Dai libri di psicologia e di pedagogia abbiamo appreso infinite teorie che giustificano l’inquietudine e la turbolenza dello stato adolescenziale. Ma nei comportamenti di questi ragazzi c’è ben altro. Né potrebbe servire semplicemente «reprimere». Il ministro della Pubblica istruzione Fioroni in questi giorni ha presentato un piano nazionale dall’efficace titolo «Smonta il bullo» per «controllare» e «reagire» al bullismo, che coinvolge (finalmente) i media e l’Amministrazione scolastica attraverso Osservatori regionali permanenti.
Ma il problema resta. Per risolvere la questione alla radice occorre entrare in quel difficile terreno di origine dei comportamenti che implica una risposta di «senso» alle azioni. Alcuni ragazzi si sono fatti coinvolgere in atti lesivi della dignità altrui e propria, ma, prima ancora, dobbiamo constatare che sono stati abbandonati alla noia (la scuola non esercita più attrattiva) e hanno perso ogni riferimento «ideale» (non dico volutamente «valoriale» perché sono convinta che i bulli facciano appello ai loro valori: la prepotenza, piuttosto che la temerarietà o l’omertà).
Serve salire ad una prospettiva superiore, dalla quale ridare consistenza agli obiettivi, e allo sforzo per raggiungerli. La crisi della nostra società non è una crisi di mezzi ma di fini o, come hanno detto recentemente politici e responsabili del sistema educativo inglese, di ethos.
La parola ethos si riferisce alla mission della scuola, a come si aiutino i ragazzi a relazionarsi con i docenti e come questi ultimi s’interfaccino con la comunità che serve. Una scuola siffatta, che curi l’ethos, come vorrebbe Blair, avrebbe lo scopo di dare senso all’insieme degli apprendimenti, disposti attorno ad un progetto culturale, professionale, spirituale, ideale, leva per motivare il ragazzo a rapportarsi positivamente con se stesso e con gli altri. La forza di queste idee era già presente nella riforma Moratti che aveva inteso promuovere il conseguimento di una formazione spirituale e morale dei giovani. Puntando alla personalizzazione dei piani di studio, aveva previsto di affiancare ad ogni giovane una figura di insegnante tutor, un educatore adeguatamente attrezzato sotto il profilo umano, pedagogico e psicologico, in grado di comprendere anche i ragazzi più difficili in situazioni atipiche che parlano di disagio, di povertà affettiva e culturale.
* Responsabile Scuola Forza Italia
Commissione Cultura Camera
- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.