La nuova stretta: gli scafisti come i mafiosi

Il governo vuole inasprire la lotta ai trafficanti, coinvolgendo l'Onu. Il bilaterale con la Francia

La nuova stretta: gli scafisti come i mafiosi
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Nell'aula bunker del carcere dell'Ucciardone, l'Italia piazza l'ultimo tassello della strategia anti-scafisti: parificare la lotta ai trafficanti di esseri umani nel Mediterraneo a quella alle mafie, facendo passare il messaggio nei Paesi africani. E dopo le polemiche con la Germania sulle Ong è il sottosegretario alla presidenza del Consiglio Mantovano a porre un interrogativo ai partner Ue: «Nell'ottica dei trafficanti, se ho la certezza che a poche miglia marine dalla costa incrocio imbarcazioni che conducono sull'altra sponda, sono facilitato o ostacolato nei mie traffici?».

Per il magistrato in prestito a Palazzo Chigi è «l'oggettiva rappresentazione di ciò che accade». E lo dice chiudendo la Conferenza di Palermo per i vent'anni della Convenzione Onu contro il crimine organizzato (il patto tra 190 Stati su 193). Il Guardasigilli Nordio (tondo) aveva già annunciato «una guerra totale, globale e senza sconti ai trafficanti». Un business da 6-7 miliardi di euro l'anno, secondo l'Ufficio Onu, a cui vanno aggiunti i proventi da sfruttamento a seguire, del racket della prostituzione, del lavoro nero e dell'accattonaggio. Guerra finora molto italiana, che nel solo 2022, nella procura antimafia di Palermo, ha visto crescere del 171% i procedimenti. Ma in una fase in cui i flussi hanno provenienze più estese, fino al Sahel, gli scafisti trovano ramificazioni più sofisticate; perciò, sostiene Nordio, serve andare all'offensiva con l'aiuto dei partner della Convenzione. Il ministro dell'Interno Piantedosi chiarisce che «nessuno Stato può accettare che la criminalità organizzata determini le politiche migratorie nazionali, né che vengano praticate forme di schiavitù». Roma vuole inasprire i metodi di prevenzione. Sanzioni, processi, manette. E coinvolgere l'Onu «nel solco dei principi della legalità» che l'aula bunker rappresenta.

Nordio snocciola altri dati: 166 procedimenti legati alla tratta di esseri umani, 468 indagati nel '21-22. E per associazione finalizzata al traffico di migranti, 26 nuovi dossier e 92 indagati. Sufficiente? Tutt'altro. Il governo andrà avanti colpendo gli scafisti «al cuore, intercettando capitali illeciti prima che vengano riciclati nell'economia legale e impiegati per corruzione», informa Piantedosi. A Palermo c'è anche l'omologo francese Darmanin, che concorda su campagne di informazione per dissuadere partenze. Nel bilaterale, Piantedosi chiede piani per rimpatri volontari assistiti e firma un'intesa per l'avvio di una cabina di regia italo-francese. Medesimo obiettivo. Finanziare squadre investigative comuni sulle rotte del Mediterraneo e collaborazione con Parigi per potenziare la repressione dell'illegalità, offrendo ai migranti alternative in Africa. Qui entrerebbe in gioco l'Onu, con diverse agenzie. Oltre a delegazioni da 34 paesi, a Palermo ci sono anche Algeria e Libia. Piantedosi firma due accordi di cooperazione giudiziaria con i due omologhi del Maghreb, per facilitare il lavoro agli investigatori (altro che ministro in fuga da Bruxelles, dove due giorni fa si voleva invece trasformare una discussione sul regolamento Ue in un voto-blitz, che avrebbe messo sul piedistallo le Ong, e sul banco degli imputati l'Italia in caso di reazioni a forzature dei porti).

Numeri sconcertanti da Europol: oltre il 90% degli irregolari giunti in Ue si è avvalso di trafficanti. Via dunque ad azioni specifiche di polizia giudiziaria anche in Tunisia, Marocco, Egitto. E più rimpatri in Nigeria, visto l'aumento 2023 di arrivi dal Paese.

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