In attesa che da Bruxelles arrivi il via libera alla terza tranche dei fondi Pnrr - l'ok è scontato, ma ancora ieri la Commissione Ue ci ha tenuto a sottolineare che «la valutazione è tuttora in corso» - Giorgia Meloni guarda a quella che nei prossimi mesi sarà la vera partita che si giocherà in Europa: la riforma del Patto di stabilità. Le perplessità della premier sono note. In particolare, il timore è che regole troppo stringenti per i Paesi più indebitati - su cui insistono i cosiddetti falchi, capitanati dalla Germania - possano far diventare l'Italia una sorta di sorvegliato speciale permanente. Ecco perché, dopo il bilaterale a Palazzo Chigi con il cancelliere austriaco Karl Nehammer, nel corso delle dichiarazioni alla stampa Meloni spiega che si è parlato anche di «come l'Europa debba lavorare per garantire la sicurezza in ambito economico». «La pandemia e la guerra di aggressione russa hanno cambiato lo scenario e questo - spiega la premier - non può essere trascurato nel momento in cui andiamo a definire le nuove regole del Patto di stabilità». Insomma, «non si possono non tenere in conto gli investimenti necessari, in particolare nel rapporto deficit-Pil». L'Europa, aggiunge, «si è data grandi obiettivi, come quelli della transizione energetica». Ma rispetto «alla proposta della Commissione», dice la premier, «non si possono non tenere in considerazione gli investimenti su queste strategie». E ancora: «Sarebbe miope non tenere conto di queste priorità di governance».
Con Nehammer si è parlato anche di energia e immigrazione, uno dei fronti che più preoccupa Palazzo Chigi. Non solo perché in questi primi quattro mesi dell'anno gli sbarchi sono quadruplicati rispetto allo stesso periodo del 2022, ma soprattutto per il timore che un collasso della Tunisia possa aprire le porte nei prossimi mesi a flussi difficilmente controllabili. Il che sarebbe non solo un problema per il governo, ma anche la miccia che potrebbe accendere quelle tensioni con la Lega che fino ad ora sono rimaste sottotraccia. Italia e Austria, dice la presidente del Consiglio, sono «soffrono la forte pressione dei flussi migratori» e «questo è stato uno dei temi sui quali si sono trovate in questi mesi a collaborare». Tra Roma e Vienna (dove la premier ha fatto sapere andrà presto in visita) sul punto c'è «grande sinergia» anche in vista del Consiglio europeo di giugno, nel quale - dice Meloni - «la Commissione Ue sarà chiamata a presentare più concretamente gli strumenti relativi al cambio di paradigma che insieme abbiamo chiesto nella difesa dei confini esterni dell'Ue, nella gestione europea dei flussi e nell'attenzione a tutte le rotte».
Meloni, però, guarda anche al fronte interno. E - facendo seguito a quanto aveva detto a Londra il giorno dello scivolone sul Def - ha dato mandato al ministro per i Rapporti con il Parlamento, Luca Ciriani, di creare una sorta di cabina di consultazione con capigruppo e capi delegazione dei partiti di maggioranza per evitare che simili incidenti si ripetano. Non a caso, proprio ieri Ciriani ha avuto un lungo incontro con il presidente dei deputati di Fdi, Tommaso Foti. Mentre con il capogruppo di Forza Italia, Paolo Barelli, ha avuto un breve confronto nell'Aula di Montecitorio, con i due che si sono dati appuntamento per i prossimi giorni.
Quando Ciriani vedrà anche il presidente dei deputati della Lega, Riccardo Molinari, che ieri non era alla Camera perché impegnato a Milano con il Consiglio federale. Un giro d'orizzonte voluto da Meloni per dar vita ad una sorta di patto di consultazione. Un modo - queste erano state le parole della premier a Londra - per «organizzare meglio la filiera» e «coinvolgere tutti».- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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