La Cina comunista tende la mano al Papa: riconosciuto vescovo "clandestino"

Per le autorità civili il 94enne monsignor Melchiorre Shi Hongzhen è il legittimo titolare della diocesi di Tianjin. Un segnale distensivo di Pechino verso il Vaticano

La Cina comunista tende la mano al Papa: riconosciuto vescovo "clandestino"
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Settimana importante per le relazioni tra Cina e Santa Sede. Pechino, infatti, ha riconosciuto come vescovo legittimo della diocesi di Tianjin monsignor Melchiorre Shi Hongzhen. La notizia è rilevante perché il prelato, 94enne, è un esponente della cosiddetta Chiesa "clandestina", cioè fedele al Papa e non al partito. L'adesione rifiutata all'Associazione Patriottica Cattolica è costata a Shi Hongzhen una serie di provvedimenti dalle autorità civili, tra cui l'arresto ai domiciliari nella residenza le montagne della sua regione avvenuto due anni fa, cioè alla veneranda età di 92 anni. Da quelle parti non è una sorpresa: in quello stesso anno, infatti, la polizia cinese aveva arrestato il 90enne cardinale Joseph Zen Ze-kiun con l'accusa di "collusione con forze straniere" per aver supportato la campagna a favore della copertura delle spese mediche e legali dei militanti pro-democrazia ad Hong Kong.

Soddisfazione

La Santa Sede ha dato notizia del riconoscimento martedì scorso, esprimendo "soddisfazione". Per la Santa Sede "tale provvedimento costituisce un frutto positivo del dialogo instaurato negli anni tra la Santa Sede e il Governo cinese". Tra le due parti vige dal 22 settembre del 2018 un Accordo Provvisorio sulla nomina dei Vescovi di cui non si conosce l'intero contenuto e che è stato già rinnovato due volte: nel 2020 e nel 2022.

È molto probabile che nei prossimi mesi ci sarà un'ulteriore proroga biennale, anticipata in qualche modo dall'ufficialità del riconoscimento di monsignor Shi Hongzhen da parte dell’ordinamento civile come vescovo di Tianjin. A maggio scorso il cardinale Segretario di Stato Pietro Parolin, l'uomo che si è occupato più di tutti del dossier e che per questo è stato anche elogiato dal Papa, ha detto che c'è l'interesse a rinnovare l'Accordo e magari a sviluppare alcuni punti.

L'accordo

L'Accordo sui vescovi ha provocato molte critiche all'interno della Chiesa ed ha conosciuto anche delle violazioni in questi anni che la Santa Sede non ha potuto lasciare in silenzio. Poco più di un anno fa, infatti, il Consiglio dei vescovi cinesi che dipende dal Partito comunista cinese - e non è riconosciuto dalla Santa Sede - aveva ufficializzato il trasferimento di monsignor Giuseppe Shen Bin dalla diocesi di Haimen a Shangai. Una decisione unilaterale, di cui la Santa Sede era stata informata solo pochi giorni prima e che aveva calpestato il punto probabilmente centrale dell'Accordo segreto: la condivisione nelle nomine. Pochi mesi dopo il Papa ci aveva messo "una pezza" decidendo di "sanare l’irregolarità canonica, in vista del maggior bene della diocesi e del fruttuoso esercizio del ministero pastorale del vescovo” e quindi riconoscendo Shen Bin con lo scopo di consentirgli di "operare con maggior serenità per promuovere l’evangelizzazione e favorire la comunione ecclesiale".

Francesco, pronto a partire per il suo impegnativo viaggio apostolico in Indonesia, Papua Nuova Guinea, Timor-Leste e Singapore, non ha nascosto di guardare ad Est e sognare una visita a Pechino. Nel suo viaggio in Mongolia, al termine della messa nella Steppe Arena di Ulaanbaatar, aveva dato un segnale di grande apertura verso la Cina chiamando accanto a sè i cardinali John Tong Hon e Stephen Chow (all'epoca eletto) e rivolgendosi ai cattolici cinesi per chiedere loro di "essere buoni cristiani e buoni cittadini. A tutti". Parole che sicuramente non saranno dispiaciute alle autorità cinesi.

Si vedrà nei prossimi mesi se il riconoscimento di monsignor Melchiorre Shi Hongzhen possa diventare l'inizio di un effettivo miglioramento nel rispetto delle prerogative delle due parti oppure rimarrà solamente un gesto episodico, a ridosso della probabile proroga dell'Accordo sui vescovi.

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