Il grande bluff Udc Casini salta solo sul carro vincitore

RomaE va bene che il successo dà alla testa, comprar pane dai forni più vantaggiosi gonfia la pancia, ma quelli dell’Udc non stanno un poco esagerando con la bandiera del «con noi si vince»? Sì, da Casini a D’Onofrio passando per Cesa e Buttiglione, è tutto un cantar che ormai «non si può prescindere» da loro, l’Udc in queste amministrative testè concluse «ha fatto la differenza», anche nei ballottaggi hanno vinto i sindaci, di destra o di sinistra, sponsorizzati da loro, dunque «con noi si vince». Mentre sale forte il sospetto che in realtà sia avvenuto il contrario, cioè che città per città, provincia per provincia, abbiano sempre scelto il candidato più favorito tra i due blocchi, quello con le maggiori chances di vittoria. Insomma, più che vincere, l’Udc ha dato una mano a chi già vinceva di suo.
Lo diceva Flaiano del resto, che quello di correre in soccorso dei vincitori è un vizio tipicamente italiano. Ma è incontrovertibile che l’Udc a Bari (dove conta il 3%) s’è imparentata col Pd, con Vendola e con Di Pietro che sostenevano il sindaco uscente Emiliano, favorito in partenza e fortificato ancor più dalle escort - adesso si chiamano così - dalla pioggia di foto e registrazioni, e dalla inchiesta della procura barese che partita da una storia di ruberie sulla sanità regionale, ha raggiunto ora l’induzione alla prostituzione. Pensavate che potesse vincere Di Cagno Abbrescia? L’Udc non ha avuto incertezze, s’è buttata sull’ex magistrato. E alla provincia di Torino, chi volete che vincesse, se non il presidente uscente Saitta? Con sprezzo del pericolo e rischiando tutto, l’Udc ha scelto proprio lui. A Pescara invece, dove per il centrosinistra non c’era storia, l’Udc s’è imparentata col Pdl. E così alla provincia di Napoli e a quella di Latina, dove il centrosinistra non vincerebbe nemmeno con le urne di Ahmadinejad. A Milano invece, dove la partita per la provincia era davvero incerta, s’è giocata sino all’ultima scheda, prudentemente l’Udc ha lasciato ai suoi elettori «libertà di voto».
Come dire: vinca il migliore e speriamo che poi non dimentichi che io son stato neutrale, comunque non gli ho remato contro. Questa della «libertà di voto» in alcuni ballottaggi è stata la ciliegina per poter dire, se non proprio «abbiamo vinto dappertutto», quanto meno «non abbiamo perso mai». Perfino a Firenze, dove il giovane Renzi i voti dell’Udc manco li voleva, aveva detto e ripetuto che «mai e poi mai» si sarebbe apparentato coi centristi, loro hanno annunciato «libertà di voto». A Prato invece, dove era ormai certo il cambio di governo con la vittoria del Pdl, son saliti sul carro del vincitore. Grottesco è quanto avvenuto a Milano, dove hanno stangato il segretario regionale perché voleva scegliere chiaramente il Pdl. E ora Podestà rinfaccia all’Udc: «Abbiamo fatto un discorso chiaro: se ci fossimo apparentati ci sarebbe stata la possibilità di avere un posto in giunta». Invece niente, no scelta no party.
Va detto che quella di praticar due forni secondo l’antico insegnamento andreottiano è una scelta non proprio adamantina ma comunque legittima, in politica. Fa parte del bagaglio culturale democristiano. Però, vantarsene e suonar la grancassa annunciando che han fatto il bene del paese, son loro ad aver portato la palma della vittoria all’uno o all’altro, fa ricordare la favoletta di Esopo e di Fedro della mosca cocchiera, che minacciava e strepitava all’orecchio del mulo «cammina più forte, ti pungo se non lo fai» e quello ovviamente nemmeno l’ascoltava; e quando è arrivata la frustata del cocchiere a fare accelerare il mulo, la mosca s’è asciugata il sudore: «Ah, tocca fare tutto a me. Se non ci fossi io qui...».
E il segretario Cesa che nega, «l’Udc non ha adottato la politica dei due forni» dichiara spiegando che tra i due schieramenti son stati scelti i candidati che «hanno preso a cuore» le loro proposte, la realtà è che «da Torino a Bari l’Udc fa la differenza». Non che il leader Casini sia da meno: «Dall’alleanza con il centro non si può prescindere. Questo bipolarismo coatto non funziona». D’Onofrio poi raggiunge l’apice: «Non dobbiamo più sentirci chiedere da che parte sta l’Udc, ma abbiamo ormai il diritto di chiedere che cosa sono Pd e Pdl». Hai capito? Come se alle europee non avessero preso soltanto il 6,5%: la metà di quanto prendeva Ghino di Tacco.
Ma il Pd, almeno la quota dalemiana, gongola e spera di poter trasformare l’apparentamento pugliese con l’Udc in alleanza organica, almeno per la Regione l’anno prossimo. C’è però il rischio di perdere Di Pietro, insomma di prendere 6 punti e pagarne 8. Infatti Tonino spiega che «il Pd ha vinto dov’era alleato con l’Udc ma c’eravamo anche noi, mentre in molti altri centri l’Udc era alleato con il centrodestra e ha perso, e il Pd ha vinto grazie a noi».

È più di un avvertimento, quello di Di Pietro: «L’Idv non sta ad aspettare l’ultimo minuto con il cappio alla gola per far vincere chi sta con un piede con l’Udc, uno con l’Idv, e tra un po’ resterà senza scarpa e senza piede».

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