Grande consenso per l'allestimento scaligero dei «Due Foscari» di Giuseppe Verdi, nonostante lo sciopero del 31 marzo scorso. Subito dopo il successo di Ernani, dato nel 1844 alla Fenice di Venezia, Verdi sottoscrisse un contratto per comporre una nuova opera, che sarebbe stata rappresentata al Teatro Argentina di Roma verso la fine di quello stesso anno. Verdi pensava di mantenersi nel solco tracciato con Ernani: avrebbe composto un'opera più concentrata sui conflitti personali che sui grandi effetti scenici; un'opera diversa da Nabucco o dai Lombardi, opere ricche di ampie scene corali, e più imperniata sulle pulsioni individuali e lo scontro tra opposti affetti. Per questo identificò un soggetto ideale in The Two Foscari, il secondo dei due drammi veneziani di Byron. Si tratta di un dramma fosco, il cui eroe, Jacopo Foscari, è vittima di macchinazioni politiche; l'immagine di Venezia che ne emerge è poco lusinghiera: non la luminosa città lagunare, non la potenza e lo splendore della Serenissima, bensì la città degli oscuri segreti e degli intrighi, retta da un'oligarchia tirannica e affidata a una ferrea gestione del potere.
Verdi mostrò di apprezzare il soggetto (che definì «delicato ed assai patetico»), ma si rese subito conto dei suoi limiti: il primo risiedeva nella tinta generale del dramma, troppo scura, che rischiava di generare monotonia; il secondo nella povertà dell'azione. Per essere messo in musica, il dramma byroniano mancava di varietà e necessitava di qualche scena grandiosa e spettacolare. Per questo Verdi sin dall'inizio assunse nei confronti di Francesco Maria Piave, incaricato di preparare il libretto, un ruolo dominante: lasciandosi guidare dal suo istinto teatrale dettò al librettista il piano generale dell'opera, con le situazioni e la successione dei pezzi, e seguì da vicino, formulando a volte precise richieste, il lavoro della versificazione. La composizione dell'opera occupò Verdi per quattro mesi; dopodiché I due Foscari esordirono sulla scena del Teatro Argentina la sera del 3 novembre 1844. Il successo fu inferiore alle attese, forse perché i cantanti non erano del tutto in forma; il pubblico, inoltre, era irritato perché la direzione del teatro aveva inaspettatamente alzato il prezzo dei biglietti. Ma è anche possibile che le aspettative del pubblico romano, nei confronti di un compositore che aveva appena ottenuto un successo clamoroso con Ernani, fossero troppo alte. L'opera ebbe tuttavia, in seguito, una rapida diffusione e si conquistò una duratura popolarità.
I due Foscari costituiscono un caso isolato tra le opere verdiane di quegli anni. Resterebbe deluso chi vi cercasse la vitalità prorompente, gli scoppi di energia, il vigore primordiale e incalzante che in tante opere giovanili di Verdi trascinano l'ascoltatore a un coinvolgimento quasi motorio. L'opera ha un carattere più intimo, e insiste su quelle corde che in futuro si riveleranno uno stimolatore altrettanto potente della musa verdiana; una linea ideale congiunge, perciò, I due Foscari a Luisa Miller. Certo, in futuro Verdi eviterà l'errore di insistere troppo su atmosfere tragico-luttuose e cercherà una varietà maggiore, applicando una più decisa commistione di generi e stili (scrivendo a Piave, tre anni dopo la «prima», Verdi sosterrà: «Nei soggetti naturalmente tristi, se non si è ben cauti si finisce a fare un mortorio, come per modo d'esempio i Foscari, che hanno una tinta, un colore troppo uniforme dal principio alla fine»).
È pur vero che Verdi e Piave si sforzarono di inserire, nella trama dei Due Foscari, qualche elemento di varietà: l'allucinazione di Jacopo che crede di vedere il Carmagnola, l'irruzione di Lucrezia con i due figli nella camera del Consiglio, le apparizioni di Loredano; ma tutto ciò non è sufficiente a muovere una trama troppo esigua. Poca azione, povertà di eventi, rari motivi di contrasto: la drammaturgia manca di ingredienti fondamentali, e l'opera finisce per sembrare monocorde.
Eppure I due Foscari sono per molti versi un'opera sperimentale. Verdi vi affina certi strumenti del suo stile: impiega armonie meno prevedibili e più ricercate, una strumentazione più raffinata e aliena da effetti fragorosi, una tavolozza orchestrale ricca e varia, nella quale spicca il ruolo dei fiati. Il colore si rivela uno strumento essenziale della drammaturgia verdiana, nel momento in cui diviene capace di caratterizzare con precisione e profondità un ambiente o un'atmosfera morale. Nella prima scena dell'opera, per fare un solo esempio, mentre la sala del Consiglio del Palazzo Ducale si riempie, il colore generale è determinato dai timbri cupi di clarinetti e fagotti e da progressioni cromatiche tortuose, che restituiscono con grande efficacia il senso di una minaccia incombente. Anche dal punto di vista della forma Verdi opera una decisa rottura con la prassi di quegli anni: tende a saldare i "numeri" musicali tra di loro in una tendenziale continuità drammatica, e sperimenta schemi meno rigidamente legati alla tradizione (elimina, ad esempio, la convenzionale stretta al termine dei finali d'atto). Del tutto nuova, poi, è la tecnica della reminiscenza tematica. Nei Due Foscari Verdi associa temi ricorrenti ai personaggi principali; già dal preludio risuonano in orchestra una melodia del clarinetto collegata a Jacopo Foscari e un passo di flauto e archi associato a Lucrezia, che poi fanno periodicamente ritorno nel corso dell'opera.
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