"Grazie a Emancipation ho capito la sofferenza che fa incontrare Dio"

Will Smith parla dopo "lo schiaffo dell'Oscar" e l'esclusione dalle nomination ai Golden Globes

"Grazie a Emancipation ho capito la sofferenza che fa incontrare Dio"

Da Los Angeles

Emancipation, il film disponibile su Apple TV+ che vede protagonista Will Smith (escluso dalle nomination dei Golden Globes di ieri) sembra il progetto giusto per fargli espiare il comportamento inaccettabile tenuto alla cerimonia degli Oscar quando, dopo una battuta infelice nei confronti della moglie, l'attore ha schiaffeggiato il collega Chris Rock. Diretto da Antoine Fuqua, il film lo costringe a prove terribili. Peter, il protagonista, è un uomo battuto da altri uomini. Non uno schiaffo ma decine e decine di frustate e altre terribili prove. L'espiazione però non c'entra. Il film era stato girato prima di quel triste episodio di bullismo in diretta mondiale. La punizione forse arriverà con le candidature agli Oscar. Nonostante la notevole prova d'attore infatti, difficilmente l'Academy, che gli ha vietato di poter presenziare alla cerimonia per i prossimi dieci anni, concederà a Smith una nomination.

Al Regency Village Theater di Los Angeles l'attore ha deciso di farsi intervistare. Nessun accenno a quei fatti ma una spiegazione sulla sua partecipazione al progetto, che racconta di un uomo che riesce a fuggire dalla piantagione dove ha rischiato più volte di essere ucciso: «Io durante tutta la mia carriera non ho mai voluto mostrare noi neri come schiavi. Ma deciso di fare questo film perché non racconta la schiavitù ma la conquista della libertà. È un film sul cuore di un uomo e sulla sua fede».

Una pellicola che prende ispirazione da una foto importantissima e molto popolare, intitolata «Whipped Peter», che mostra la schiena di un uomo segnata da decine di frustate. Cosa significa per lei quell'immagine?

«La conosco da tempo ma prima di girare questo film non ne percepivo il significato profondo. Ora so che ognuna di quelle cicatrici ha un significato. Non si tratta di un uomo che è stato picchiato una volta, quella è un'intera vita di violenze subite. Nelle sue memorie leggiamo di una volta in cui è stato picchiato fino a cadere in coma, proprio durante quel momento di incoscienza, racconta di avere incontrato Dio. Se la fede è fiducia cieca nel tentativo di resistere, la rivelazione avviene quando hai finalmente visto il tuo Dio, dopo averlo pregato per tutta la vita. Peter era entrato in uno stato mentale completamente nuovo, lo stesso che sogno di raggiungere anche io».

Peter è un simbolo?

«È un guerriero spirituale che ha imparato, davanti a tutte le difficoltà, a non dubitare mai di Dio e a non perdere mai il potere salvifico della fede».

In «Emancipation» la vediamo combattere e soffrire nel fango, lottare con gli alligatori, scappare dagli schiavisti.

«Pensavo di essere molto più preparato di quanto in realtà fossi. Portare in scena quel livello di atrocità umana, quel tipo di abusi verbali e fisici, venire chiamato con epiteti razzisti centinaia di volte al giorno da attori molto bravi nel loro ruolo, è stato molto difficile. Poi c'è stato il fattore clima, mi sono ritrovato immerso nel fango fino al collo con la pioggia che non smetteva di cadere e in altre situazioni estreme, mentre portavo in scena un uomo che subiva prepotenze».

Una sofferenza che lo spettatore percepisce.

«Lo spero davvero. Non è stata dura solo per me ma per tutta la squadra. Sul set avevamo preti, un gruppo di terapisti e consulenti spirituali per aiutare le persone che faticavano di più a superare quelle atmosfere».

Ha ammiratori in tutto il mondo che aspettavano con ansia il suo ritorno,

può spiegarci perché ha voluto farlo con questo progetto?

«Ho voluto creare una storia che fosse un promemoria delle tragiche conseguenze che possono derivare dalla violenza e dalla crudeltà fra gli esseri umani».

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