Dai tempi del dialogo socratico a oggi, qualcosa come 2400 anni di civiltà insegnano che l’uomo, per propria natura, è solito porsi delle domande e cercare delle risposte. Non è quindi azzardato supporre che esista un’inclinazione dell’indole umana all’intervista. L’esperienza purtroppo insegna che la categoria meno portata, in questo senso, sia quella giornalistica.
Gli ultimissimi casi di interviste televisive eccellenti, quella concessa a Giuliano Ferrara dal Tg1 due giorni fa e quella regalata a Beppe Grillo da Annozero ieri sera, confermano la scivolosità di questo genere giornalistico: il discrimine tra fornire informazione da una parte o fare propaganda dall’altra è sottilissimo. Ma ancora più sottile è la linea di demarcazione ideologica tra «comizio politico» nel caso a parlare sia il primo, e «libertà di espressione» se a farlo è il secondo. Peraltro, nel caso di Ferrara con una opinione magari dissonante e «immorale», ma rispettosa dell’altro. Nel caso di Grillo con uno sproloquio a tratti volgare e offensivo, tanto da prendersi due sberle bipartisan, da Rosa Russo Iervolino (che lo ha querelato chiedendo un risarcimento di un milione di danni) per i deliri sulle connivenze con la camorra, e dalla Lega per l’imitazione vergognosa di Umberto Bossi colpito dall’ictus.
Per uno di quegli incomprensibili cortocircuiti politico-mediatici che in questi ultimi tempi (anti)berlusconiani sembrano innescarsi sempre più spesso, dopo che il direttore del Foglio Giuliano Ferrara, al Tg1 di Minzolini, ha spiegato per cinque minuti e mezzo la propria opinione sulla volontà di certa magistratura e di certi gruppi editoriali di «abbattere Berlusconi con mezzi extraparlamentari», la reazione è stata furibonda: «un monologo senza contraddittorio!», «intervista accomodante!», «giornalisti sdraiati!», indignazioni pubbliche, denunce al comitato di vigilanza Rai, appelli all’Agcom... Dopo che il leader del movimento «Cinquestelle» Beppe Grillo, in un servizio all’interno della trasmissione di Michele Santoro, ha esposto per nove minuti e venti secondi i propri giudizi tranchant sulla situazione politica attuale, sparando a zero su Berlusconi, Saviano, Fini e i leader del Partito democratico, la reazione della stampa e della piazza sono stati il silenzio e l’indifferenza... Quelli di Ferrara sono attacchi indecenti. Quelli di Grillo giudizi legittimi. E i due giornalisti che hanno realizzato le interviste sono entrambi dei leccazampe, semplici reggi-microfono, o soltanto uno di loro lo è?
L’intervista è l’articolo in assoluto più difficile e rischioso in cui possa incappare un giornalista. Nel migliore dei casi finisci per fare pubblicità gratuita all’intervistato, nel peggiore per annoiare il lettore. Se l’intervista esce bene, quel giorno è la cosa più bella da leggere. Se esce male, la peggiore. Non a caso è detta la «regina del giornalismo». Nel senso che solo i re, e sono pochissimi, possono meritarsela. In tutti gli altri casi - essendo, i nostri, tempi di escort - il giornalista rischia di prostituirsi. Ci sfugge però il motivo per il quale se lavora per il Tg1 è un lurido servo. Se per Annozero un professionista libero. Eppure in entrambi i casi - così sembra - il loro lavoro è stato unicamente annuire.
Cambiano i contesti, ma la doppia morale rimane identica. L’intervista a Silvio Berlusconi mandata in onda dieci giorni fa da Michele Renzulli per il Tg1 era un «videomessaggio», ma chissà perché quella realizzata da Pierluca Terzulli all’allora capo del governo Romano Prodi per il Tg3 non era «brezneviana». È il diritto di cronaca a corrente alternata. L’informazione a colore variabile. Il giornalismo a lottizzazione controllata.
Malattia ereditaria di un Paese eternamente affetto di diplopia, l’incapacità di giudicare con lo stesso metro morale le proprie e le altrui debolezze ha ammorbato la politica, la vita sociale, e il modo di fare giornalismo. E così, nel caso tu conceda acriticamente la parola al Presidente del Consiglio, violenti il peraltro malinteso concetto di obiettività che deve ammantare la professione giornalistica.
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