La guerra alla droga fa sballare la Quercia

Luca Telese

da Roma

È guerra sulla droga, nell’Unione, dopo l’affondamento del decreto legge di Livia Turco, silurato mercoledì pomeriggio, con la regia combinata della margheritista Paola Binetti e della «zarina» del Botteghino, Anna Serafini. Il risultato? Un mezzo terremoto si abbatte sui Ds, e sulla maggioranza.
Il primo contraccolpo, come era prevedibile, lo ha subito proprio lei, la Serafini, bersagliata fin dalle prime ore della mattina, per come ha difeso il voto suo e dei cinque colleghi di partito della Quercia, dal sarcasmo caustico del direttore di Radioradicale Massimo Bordin, incredulo per le sue dichiarazioni a La Repubblica. Titolava il giornale di largo Fochetti: «Scoppia la guerra delle first ladies», mentre l’interessata minimizzava: «Questo voto riequilibra le posizioni dopo le polemiche delle ultime settimane....»., E Bordin: «Eh-hem... riequilibra? Ma che dice? Poveri iscritti dei Ds! Sono contento di non essere uno di loro, quando leggo certe cose». Lo sconcerto di Bordin rende bene la situazione dentro la maggioranza dove ovviamente, radicali, Verdi e Rifondazione sono furibondi, e dove il voto pilotato dalla Serafini riapre vecchi rancori. Il feeling con l’ala «teo-dem» della Margherita, ovviamente, incrina anche i rapporti di partito. Se non altro perché tutti si chiedono se la Serafini abbia agito di sua iniziativa, oppure se sia stata supportata dal marito, Piero Fassino. E a dare un’idea dello sbando, basta la dichiarazione del presidente della Commissione Ignazio Marino - ds pure lui - che protestava: «Io di quel voto non ne sapevo nulla!».
Insomma, un bel pasticcio che nel pomeriggio deflagra in una esplosione di dichiarazioni. I dalemiani insorgono («È stato un errore», dice Nicola Latorre), la Serafini tiene botta dalle colonne del Corsera («Livia non si è confrontata (con la sua maggioranza, ndr.), non possiamo andare avanti così...»), il ministro Emma Bonino sbotta «L’Unione è diventato un’insalata russa!»), la diessina Marina Sereni ribadisce («Abbiamo sbagliato»). La margheritista prodiana Marina Magistrelli arriva a dire: «Si vuole sabotare il partito democratico». Piero Fassino prova a mantenersi salomonico. Da un lato dice: «Ieri il voto dei senatori dell'Ulivo e dei Ds sull'ordine del giorno sulla droga aveva un solo obiettivo: quello di sventare la manovra della destra di spaccare l'Ulivo attaccando il ministro Turco». Dall’altro aggiunge: «È fuori discussione l’assoluta fiducia nei confronti di Livia Turco».

Peccato che solo pochi minuti dopo, questo tentativo conciliatorio sia stroncato da Cesare Salvi, leader della sinistra Ds, che sparge sale sulle ferite: «Il voto favorevole di alcuni diessini ha spaccato i Ds, non la destra». Meno male.

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