Nazioni unite e antisemite

Netanyahu e Gallant sono ricercati come criminali di una guerra che è stata inflitta a Israele, hanno dovuto combattere per la vita e per la morte contro un nemico che ha fatto del suo popolo uno scudo umano totale per i terroristi

Nazioni unite e antisemite

La risoluzione della Corte Penale Internazionale, che ha spiccato un mandato di arresto per il premier israeliano Benjamin Netanyahu e l'ex ministro della Difesa Yoav Gallant, abolisce l'ordine morale della democrazia e della civiltà. Può darsi che adesso, in giro per il mondo, la polizia aspetti all'aeroporto anche i ragazzi che hanno combattuto per difendere un Paese dallo sterminio di Hamas, che dopo il servizio militare vogliono andare a studiare o in vacanza o in uno stage, pieni di amore per la democrazia e per la vita. Può darsi che la polizia di Parigi, per esempio, aspetti con le manette i politici di destra e di sinistra, i ministri, gli ufficiali che compiano il peccato mortale di provenire da Israele, un Paese che è in guerra anche se voleva la pace. La risoluzione dell'Aia è una dichiarazione di antisemitismo che assorda adesso tutto il mondo, gridata in nome di una giustizia reinventata, che sovverte l'idea stessa di democrazia e di libertà.

Netanyahu e Gallant sono ricercati come criminali di una guerra che è stata inflitta a Israele, hanno dovuto combattere per la vita e per la morte contro un nemico che ha fatto del suo popolo uno scudo umano totale per i terroristi, rifugiati invece in 800 chilometri di gallerie mentre usavano le case e gli ospedali per sparare su Israele i loro missili. Il 7 ottobre, la peggiore strage di ebrei che il mondo abbia conosciuto dopo il 1945, voluta da un grande schieramento capitanato dall'Iran accanto a Hezbollah, è stato cancellato con informazioni fasulle raccolte da Ong esperte in pregiudizi antisemiti, o dal «ministero della sanità» di Hamas. La risoluzione della Cpi fornisce un assegno in bianco al terrorismo islamico, e non è un caso che Hamas sia stato il primo a congratularsi. È una scelta per cui un tribunale internazionale, che dovrebbe avere tutti i crismi della legalità oggettiva, base della fiducia del popolo, in questo caso di tutto il pianeta, invece crea un nuovo ordine legale ed etico che nega la legittima difesa, che esalta il terrorismo, che non prende in nessuna considerazione il concetto basilare di intenzionalità, che non esamina le caratteristiche morali delle parti in causa.

Insomma, che non distingue la democrazia dalla dittatura, l'umanità dalla crudeltà, la barbarie dalla cultura, la disperata battaglia per recuperare i rapiti dalla crudeltà di chi ancora li tiene prigionieri. L'accusatore, Karim Khan, invece di affrontare le accuse rivoltegli per crimini sessuali, potrà vantarsi della sua richiesta di arrestare il Primo ministro di Israele col ministro della Difesa. Un gesto di portata mondiale, che piacerà all'Iran, alla Russia, alla Cina, alla Corea del Nord, a tutti gli islamisti del mondo, alla maggioranza automatica all'Onu, alle folle violente dei pro-Pal.

Da oggi Netanyahu può andare soltanto negli Usa, che non hanno mai firmato la Carta di Roma; Biden, che ha anche bloccato la risoluzione antisraeliana al Consiglio di sicurezza dell'Onu, uscendo con onore, ha già detto che considera con disgusto la scelta dell'Aia. La Corte internazionale, come l'Onu, fu fondata con nobili intenti nel 1998. Ma, come l'Onu, è stata politicizzata e abusata. Gli arabi e i palestinesi sin dal 2001 alla conferenza contro il razzismo di Durban col supporto delle Ong più importanti, come Amnesty International o Human Right Watch, inaugurarono l'aggressione legale che dura ancora oggi contro Israele. La criminalizzazione e la delegittimazione sarebbero arrivate fino alle accuse di genocidio, e avrebbero regalato ai palestinesi uno Stato. La Cpi nel 2015, fra condanne per «l'occupazione» costruite su false interpretazioni del diritto internazionale, riconobbe la «Palestina», che non esisteva e non esiste, e l'ammise come membro: così consentiva indagini e condanne di Israele. Le accuse odierne, prima di tutte quella di affamare i palestinesi, non hanno base, sono fra 200 e 300 al giorno i camion introdotti nella Striscia e che per tre quarti poi però Hamas ruba con le armi in pugno. Così come non c'è stata né riduzione dell'energia elettrica né dell'acqua. E soprattutto Israele ha cercato strenuamente di salvare i cittadini innocenti, con avvertimenti, spostamenti, verifiche: ma Hamas ha preteso la loro morte come scudi umani, anche se Israele cercava di evitarla.

La storia dirà tutta la verità su questo. Ora, il primo ministro di uno Stato democratico, Benjamin Netanyahu, diventa oggetto di caccia, insieme al suo ex ministro della Difesa, dei poliziotti di 120 nazioni, non può più mettere piede in Francia o in Belgio o in Olanda o, teoricamente, in nessuno di questi Paesi che hanno firmato la Carta di Roma. Ma la decisione sembra fatta apposta per piazzare un altro fendente nel corpo dello Stato ebraico prima che il gesto della Cpi diventi oggetto di disgusto in una svolta mondiale. Michael Waltz, prossimo Consigliere per la sicurezza nazionale di Trump, ha fatto capire che questo è l'ultimo rantolo delle Nazioni Unite asservite alla maggioranza automatica contro il popolo ebraico. È la prima volta che la Cpi spicca un mandato di cattura per il leader di un Paese democratico. Certo. L'Onu ha prima usato il Tribunale internazionale per definire Israele «genocida», e ora la Corte; e prima ancora l'Unrwa, l'Unesco, e le commissioni, e le risoluzioni dell'Assemblea Generale. Tutti i suoi rami hanno avuto lo scopo di denigrare e condannare Israele. Adesso, chi ha la forza di reagire, anche in Italia, può rispondere a questa sindrome antisemita.

Ci sono molti modi per farlo: uscire dalla Cpi, usare una politica di sanzioni, prendere una forte posizione di sostegno a Israele. Ricordandosi chiaramente che questo attacco, giorno dopo giorno, è contro tutto il sistema politico di cui, con Israele, siamo parte, con orgoglio.

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