La mossa di Putin: batterie di missili in Bielorussia

La notizia è stata resa nota da un gruppo che da mesi monitora gli spostamenti delle armi della federazione russa

La mossa di Putin: batterie di missili in Bielorussia

La Russia ha trasferito importanti attrezzature militari in Bielorussia. Lo ha reso noto nelle scorse ore il gruppo Hajun, il quale è impegnato nel monitoraggio dei movimenti delle armi russe. Non è certamente il primo trasferimento di attrezzature militari da Mosca verso Minsk, considerando l'alleanza politica e militare tra i due Paesi.

Questa volta però in ballo ci sono armamenti più sofisticati. Sempre secondo Hajun, i russi avrebbero trasferito nel Paese alleato almeno 15 sistemi missilistici terra-aria Tor-M2 e 10 veicoli di ingegneria.

Il trasferimento dei sistemi missilistici

La Russia ha portato in Bielorussia armi e uomini già da prima dell'inizio della guerra in Ucraina. Pochi giorni prima del via libera di Putin ai primi raid contro Kiev, in Bielorussia si è tenuta un'importante esercitazione che ha poi preso le sembianze di un vero e proprio preludio al conflitto.

Del resto, i russi hanno usato il territorio bielorusso per iniziare l'avanzata a nord di Kiev ed entrare dal confine limitrofo alla centrale nucleare di Chernobyl. Un appoggio logistico e non diretto da parte del governo del presidente Lukashenko che ha reso il suo Paese come una parte in causa nella guerra.

Fino a questo momento però non era stato accertato il trasferimento di intere batterie di sistemi missilistici. Il convoglio di Tor-M2 individuato dal gruppo Hajun è stato probabilmente il primo, ma quasi sicuramente non sarà l'ultimo a essere diretto in Bielorussia.

Questo – si legge infatti in una dichiarazione attribuita al gruppo Hajun e ripresa dal Kyiv Independent – non è l’ultimo convoglio militare con un carico di questo tipo”. Ce ne saranno altri e forse con carichi ancora maggiori.

Perché la Russia trasferisce missili in Bielorussia

Sul motivo del trasferimento delle armi in territorio bielorusso al momento non state avanzate ipotesi né ufficiali e né ufficiose. È chiaro però che il pensiero va a un possibile incremento delle ostilità lungo la frontiera tra Bielorussia e Ucraina. Dove già da mesi l'atmosfera appare surriscaldata e non soltanto per il conflitto in corso tra Kiev e Mosca.

A settembre infatti Lukashenko ha reso noto di aver messo in stato di allerta le proprie forze speciali nel sud del Paese. Il timore di Minsk è quello di una “provocazione” ucraina a cui il presidente bielorusso ha detto di voler eventualmente rispondere prontamente. Kiev dal canto suo ha invece sempre parlato di pretesti da parte dei principali alleati di Putin per giustificare un eventuale ingresso dell'esercito bielorusso in Ucraina.

Certo è che proprio in queste ore a Minsk non tira una bella aria. Il ministro degli Esteri, Vladimir Makei, è stato trovato morto domenica e da allora, come suggerito da diverse indiscrezioni trapelate dalla capitale bielorussa, Lukashenko ha avviato la sostituzione dei cuochi e del personale impegnato nei palazzi del potere. Il sospetto è quindi di avvelenamenti e sabotaggio interni.

Il gruppo Hajun ha fatto inoltre notare come diverse migliaia di soldati di Mosca stanziati in Bielorussia, a breve saranno portato sul

fronte del Donbass. Il Cremlino, tra tensioni interne ai bielorussi e una minor presenza militare nel Paese, con il nuovo carico di armi vorrebbe quindi garantire una costante protezione del territorio governato da Lukashenko.

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