Gian Micalessin
da Beirut
Queste elezioni non shanno da fare. Il niet di Ismail Haniyeh, lunico scambio di parole tra i due grandi rivali in un coro di spari ed esplosioni, arriva a 24 ore dalla decisione del presidente Mahmoud Abbas di indire elezioni anticipate. Quel botta e risposta quasi immediato, lassenza di qualsiasi accenno a un compromesso e le accuse rivolte al presidente palestinese, segnalano - più di scontri e assalti - labisso che divide i fondamentalisti di Hamas dalla vecchia guardia di Fatah.
Per Ismail Haniyeh lannuncio di Abbas minaccia di far deflagrare la situazione, ma è anche incostituzionale e offensivo verso i sacrifici dei palestinesi. «Confermiamo - dice Haniyeh parlando a nome del suo esecutivo - il rifiuto del governo allinvito di tenere elezioni anticipate, perché si tratterebbe di un atto incostituzionale capace di creare grossi disordini tra la popolazione palestinese». Hamas non parteciperà, insomma, alle elezioni anticipate e lascerà Fatah e il suo presidente correre contro se stessi.
La decisone non punta solo a delegittimare la decisione di Abu Mazen. La risposta serve a evidenziare i rischi di una scelta che minaccia di dividere i palestinesi in due entità ideologicamente e territorialmente separate. Da una parte la Cisgiordania, dove Fatah è in grado di indire elezioni e garantirne lo svolgimento. Dallaltro la Striscia di Gaza, dove Abbas deve decidere se andare alla guerra aperta o se invece ritirarsi lasciando territorio e popolazione sotto legida fondamentalista.
Anche i toni «personali» della risposta di Haniyeh sono assai diversi da quelli riservatigli dal presidente, che sabato lo aveva definito «uomo nobile e onesto». Nelle parole di Haniyeh il presidente diventa, invece, una sorta di Nerone pronto a dar fuoco alle polveri della guerra civile e incurante dei «sacrifici e delle sofferenze dei palestinesi». Haniyeh approfitta delle debolezze nascoste tra le pieghe dellannuncio presidenziale. Lassenza di una data, la mancanza di una scadenza precisa per il voto indicano la disponibilità a un accordo in extremis. Da quel discorso emerge leterna, leggendaria, perfino noiosa tendenza dellanziano e debole Abbas al compromesso. Nella risposta di Haniyeh ci sono la risolutezza e la decisione di un leader fondamentalista pronto allo scontro finale. E non solo per la consapevolezza di essere, almeno a Gaza, il più forte. Laccusa di agire in maniera incostituzionale è il cardine della reazione di Haniyeh. Una risposta energica di fronte a cavilli costituzionali discutibili.
Il premier fondamentalista sa che la Costituzione palestinese non sta dalla parte del presidente. Quella legge, scritta nel 1997 e rivista nel 2003 su pressioni americane per ridurre i poteri dellallora presidente Yasser Arafat, non garantisce a nessuno la possibilità di convocare elezioni anticipate per decreto. La farraginosa Carta palestinese definisce in quattro anni la durata del Parlamento, ma non spiega in nessun articolo le modalità per la convocazione di un voto anticipato. Lunico riferimento esplicito è contenuto nellarticolo che impedisce al presidente di mandare a casa i deputati in caso di entrata in vigore dello stato demergenza. Dunque, interpretano Abbas e i suoi sostenitori, se è vietato farlo con lo stato demergenza, sarà possibile farlo in tutte le altre occasioni. Uninterpretazione «estensiva», come direbbe un giurista, assai ambigua e assai poco adatta a un clima di guerra civile.
In quel clima lannuncio presidenziale - già definito «un atto di sottomissione al nemico sionista», rischia di amplificare le accuse di «tentato colpo di Stato» e di «collaborazione con israeliani e americani» rivolte da ministri e deputati di Hamas.
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