"Ho riflettuto per un anno. È ora di tornare sul podio"

Dopo il licenziamento dall'Mco, la sua amata creatura, il direttore d'orchestra volta pagina con nuovi progetti

"Ho riflettuto per un anno. È ora di tornare sul podio"

Sir John Eliot Gardiner, che il 2 settembre al Bolzano Festival sarà alla testa della Mahler Academy Orchestra, è il musicista per il quale basta il nome, e non solo nella sua Inghilterra dove Carlo III l'ha voluto per il concerto dell'incoronazione. Ottantuno anni, oltre 200 dischi, migliaia di concerti in tutto il mondo perlopiù nel nome di Händel, Monteverdi, ma anzitutto Bach, di cui è il massimo esperto. Musicista-intellettuale, ha firmato un volume su Bach da far tremare polsi e penne d'ingessati musicologi. Bruciatore di tappe, a 21 anni lanciava il Monteverdi Choir, poi altri complessi riuniti sotto la cupola MCO (Monteverdi Choir & Orchestras), la Ferrari della musica antica. Come Steve Jobs, è stato licenziato dalla sua creatura poiché nell'agosto 2023 ha perso le staffe con un cantante, si è subito scusato e nell'anno sabbatico ha seguito corsi di contenimento della rabbia, quella che scatta al perfezionista che mal tollera l'errore, proprio e altrui. Tanto purgatorio non è bastato al management del MCO, mentre non la pensano così i musicisti che via via si stanno dimettendo reclamando il ritorno di Sir John Eliot. Lui? Guarda avanti, lo spiega in questa intervista: l'unica che abbia rilasciato, dopo quella al Financial Times, dal fatidico agosto 23.

Sono in tanti nel MCO a sperare in un Suo ritorno. Che farà?

«È finita un'era, ora si apre un nuovo capitolo della mia vita, sono grato, ma si volta pagina. Vorrei tornare a lavorare con tanti musicisti del passato, però sotto un differente ombrello».

Che progetti ha in testa?

«Qualcosa che connetta la musica con le altre arti, coinvolgendo platee più ampie e giovani. Vorrei ripercorrere una parte della via Francigena proponendo musica cristiana. Sto poi progettando due tappe di una Via della Seta che partendo da Cordova arrivi a Venezia eseguendo pagine di musica cristiana, e da Venezia a Samarcanda con musica strumentale».

Al Monteverdi Tuscany, borgo nella Val d'Orcia rilanciato dal suo amico Michael Cioffi, la si vede scrivere. Cosa?

«Un romanzo dove immagino incontri e conversazioni tra sette grandiosi personaggi di inizio Seicento: Galilei, Monteverdi, Bacone, Shakespeare, Rubens, Keplero e Caravaggio».

In questi giorni dovrebbe essere in tour con la MCO, anche al Festival di Salisburgo. Ma è stato sostituito. Dal 2022 l'Occidente ha perso un direttore come Gergiev. Misure draconiane che ci riportano all'Inghilterra delle censure di Cromwell..

«La nostra società è molto giudicante, del resto è facile accusare qualcuno via social media senza pagare il prezzo delle conseguenze. Si è restii a offrire una seconda chance a chi sbaglia».

Nello sport si ammonisce, e si riprende a giocare. Nel suo caso, nessuna grazia. Così oggi va il mondo della classica?

«Forse bisognerebbe accettare il fatto che siamo umani e possiamo fare sbagli. Ti scusi, fai un percorso di riabilitazione, però deve esserci una fine: un basta (lo dice in italiano, sgranando gli occhi, ndr). Da parte del mio management c'è sfiducia e scetticismo. Ma sono grato ai musicisti che mi sostengono».

Non si fa grande musica senza disciplina e rigore, la cui contropartita, sfuriate incluse, oggi è mal tollerata.

«La mia docente, Nadia Boulanger, soleva dire a noi studenti: Ogni mattina guardandovi allo specchio dovete chiedervi se avete il diritto di considerarvi musicisti. Monito che mi ha sempre accompagnato. Ho un forte senso di quella che una volta si chiamava vocazione, mi considero fortunato perché nei miei 60 anni di attività ho condiviso questo approccio con tanti musicisti».

Cos'è il podio?

«Lontano dai riflettori dell'esibizione pubblica, quest'ultimo anno mi ha offerto l'opportunità di riflettere e di ricalibrarmi. Sono più che mai convinto che sia la fusione o l'unione dei doni interpretativi a rendere l'esecuzione musicale così elettrizzante ed edificante: l'unione chimica delle intenzioni del compositore con la comprensione delle stesse da parte degli esecutori più l'energia del direttore d'orchestra che le porta a ebollizione. Questo può trasformare la partitura in un evento di bellezza e importanza trascendenti. L'orchestra diventa quindi il contenitore sacro di qualcosa di sacro, e nel processo il ruolo del direttore d'orchestra, là, sul podio con le spalle al pubblico e aperto alla sua orchestra, è quello di servire».

Convive con Bach dall'adolescenza. Che tipo di compagno è stato?

«È l'alfa e l'omega della Musica. Sono cresciuto con il suo ritratto, fatto da Haussmann, nel soggiorno di casa. Quel viso severo mi intimidiva e non riuscivo a comprendere come quella severità potesse conciliarsi con una musica fatta di gioia, danze ed energia. Ma se copri gli occhi del ritratto, vedi il viso di un uomo sensibile, che amò le sue donne, i 22 figli e non disdegnava un buon bicchiere di vino. Studiandolo a fondo ho scoperto che in lui c'era tanta umanità benché la sua musica tocchi il trascendente».

Anche il sommo Bach si misurò con le ipocrisie, conosciamo gli scontri con colleghi, sindaci, ecclesiastici.

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«Esserne consapevole mi è stato di conforto in quest'anno, ha contribuito a non dissipare le mie energie. Anzi, sento di avere ancora tanta benzina nel serbatoio. Tornerò a viaggiare e continuerò fare musica».

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