«Ho urlato più che potevo Così mi sono salvata dallo stupro in metrò»

Parla la ragazza aggredita Rilasciato l’uomo preso subito dopo: caccia a un sudamericano

«Ho urlato più che potevo Così mi sono salvata dallo stupro in metrò»

«Quando mi hanno portata in ambulanza alla clinica Mangiagalli, al settore Svs (Soccorso violenza sessuale), ero scioccata e la dottoressa mi ha chiesto se volevo aprire una cartella clinica sul mio caso. Ho detto sì, mi hanno dato la cartella numero 323 e allora le ho domandato che significato avesse quella cifra. «È il numero delle persone che hanno aperto la cartella qui da noi per aver subito un’aggressione a scopo di violenza sessuale dall’inizio dell’anno - mi ha risposto lei -. Naturalmente ci sono anche le donne che la cartella non la vogliono aprire, quelle che si rivolgono ad altri ospedali e, naturalmente, quelle che in ospedale non ci vanno affatto». Mi sono sentita raggelare... Quasi una donna al giorno che a Milano viene aggredita da un potenziale stupratore. Io sono stata fortunata perché, non appena mi sono messa a gridare, è arrivato un poliziotto della Polmetro, una ragazza e dei ragazzi che hanno rincorso e spaventato il mio aggressore, perché ero in pieno centro, ma tutte le altre? Quelle che vengono seguite, magari, fino alla porta di casa?».
Anna B., 20 anni, studentessa di biologia alla Bicocca e originaria della Campania è la ragazza che lunedì, poco dopo le 16.30, è stata aggredita da un sudamericano, probabilmente peruviano (che, contrariamente a quanto scritto ieri, non è ancora stato arrestato, ndr) mentre usciva dalla metropolitana Loreto, all’angolo tra piazza Argentina e corso Buenos Aires. «Abito proprio lì, in via Monteverdi - spiega -. Ero sulle scale, da sola, quando mi sono sentita afferrare la spalla destra da qualcuno dietro di me - racconta la ragazza -. L’altra mano me la sono sentita sul seno. Mentre quel tipo mi tirava verso di lui, facendomi cadere all’indietro, la mano che mi aveva messo sul seno è passata sotto la gonna, afferrandomi le mutande e toccandomi le parti intime: indossavo la minigonna. Ho cominciato a urlare più forte che potevo, lui ha mollato la presa ed è scappato, lasciandomi accasciata sulla scala. L’ho visto solo allora. Aveva una berretta di lana con il risvolto e un bomber blu e bianco, mi sembrava sudamericano, l’ho descritto alla polizia».

«Quaranta minuti più tardi ero ancora sull’ambulanza ferma in piazza Argentina. È stato allora che una poliziotta mi ha detto che avevano trovato un peruviano corrispondente alla mia descrizione. Credevo l’avessero arrestato, ma evidentemente hanno capito che non era lui».

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