I colleghi peones: «Sono star e fanno pure i martiri»

RomaAvviso ai naviganti. Si sta per entrare nell’infido mare di Saxa Rubra (il «rubra» non fu per caso): acque attraversate da correnti cangianti e squali a grappolo, nelle quali ogni pesce drizza le antenne e le corazzate affondano senza perché. Per dirla con uno degli anonimi personaggi che remano da anni in quest’apoteosi di liquidità (anche in senso vile), tra le nebbie del Tigiuno, «bisognerebbe anzitutto premettere che questi conduttori fanno le star con il culo degli altri, se ne fregano delle regole aziendali e fanno pure i martiri. Mentre noi fessi, che lavoriamo per far fare loro bella figura, rispettiamo la consegna del riserbo aziendale. Ci aspetteremmo che Masi battesse un colpo, altrimenti addio Rai... ».
Tanto per dire del clima che si respira da queste parti, dove l’anonimato è legge ferrea, tranne per i più belli del Reame. Dice un redattore capo: «Come vuoi che sia? È l’occhio del ciclone, calma piatta. Ma se fai un passo fuori a ’sto recinto, ti accorgi che sei il centro di una bufera». Se qui avvisti la «fata morgana», sarà un effetto di rifrazione e non certo una conduttrice magica. Più facile smarrirsi tra i tam-tam messi in giro ad arte. Uno di questi risuonava ieri tra i corridoi: un avvicendamento di Rete - quello di Liofredi, direttore Raidue, con Gianvito Lomaglio (in virtù di riequilibri con la Lega) - messo assieme a quello del direttore del Tg1 Augusto Minzolini (al suo posto Orfeo o Preziosi, che sta ottenendo ottimi risultati alla Radiorai). Voci nate nella vigilia elettorale, rese vane dall’esito delle Regionali. E smentite dagli interessati.
Difatti il direttore, in partenza per più salubri mari pasquali, non dà peso agli ultimi colpi di bora. Con amici fidati, sarebbe arrivato a definire una «bestemmia» l’impossibilità, per un direttore, di cambiare i volti noti della tv. Il «mostro sacro» Frajese, tanto per dire, restò conduttore per una decina d’anni; Vespa poco più d’un lustro. Lasciare dei conduttori a vita - questo lo sfogo di Minzolini - significa anche che «quelli di sotto» non crescono, che è impossibile innovare, eccetera. Ma i suoi predecessori come facevano? In Rai come nei ministeri il metodo più in voga è stato lo spoil system all’italiana: ai conduttori storici venivano affiancati quelli «nuovi». Tutti contenti, tranne Pantalone.
Oggi però il malcontento cova anche contro i «privilegiati del video». Più d’una voce lo testimonia: «Li vedi arrivare poco prima di andare in onda, leggono roba scritta da altri percependo pure l’indennità e fuggono via: come se fare i presentatori fosse lo stesso che fare i giornalisti... ». Così lo scontento in redazione cambia di segno, rispetto a quello apparso sui giornali come ennesimo attentato alla libertà d’informazione. Il direttore va in vacanza difendendo i suoi risultati (l’aumento del distacco dal Tg5 nelle punte di massimo ascolto) e la sua «rivoluzione» che privilegia volti nuovi, l’abbassamento dell’età dei telespettatori, l’informazione leggera, agile, spigliata ma diretta e incisiva sui temi-cardine della linea editoriale. L’insofferenza di parte della redazione per le notizie di alleggerimento è, però, un altro capo della matassa. «Non è che a me la notizia sul cigno piace - avrebbe commentato Minzo a proposito di un esempio fatto dalla Busi -, però attraverso le notizie leggere passa l’informazione pesante... Un Tg tetro e noioso non lo guarda nessuno e non fa il bene dell’azienda. Io, invece, voglio cambiargli volto».
Appunto. Sul «cambio di volto» si gioca l’ennesima rissa in Rai, e nessuno l’aveva mai fatto con tanta disinvoltura e mancanza di ipocrisia. «È la prima volta che succede un cambio non concordato», lamenta il Cdr. «Se uno vuole la luna c’è poco da fare», replicano gli altri. Due mondi animati da una certezza unica: «Minzo ha cambiato metodi e musica». «C’è modo e modo di suonare - sostiene una vecchia lenza passata indenne per ogni procella -, anche il direttore del Tg2 ha cambiato volti e mansioni, ma non se n’è accorto nessuno... Il sospetto è che Minzolini voglia premiare i "buoni" e punire i "cattivi"». «Cattivi» sarebbero quelli che non hanno firmato la nota lettera di sostegno alla linea editoriale. «Già, perché quei tre e non altri?», sospetta il Cdr. Non comprendendo però che si tratta di arma a doppio taglio: sta nel sacro potere del direttore (unico caso di monarchia non costituzionale) scegliere chi funziona e chi no, chi caratterizza un prodotto editoriale in un certo senso e chi in un altro. Di sicuro Minzo vuol fare di testa sua.
Gratta gratta, i tre «avvicendati» pare abbiano a cuore soprattutto l’esigenza di spuntare dall’Azienda un «contraccambio» migliore di quello proposto.

E tutti, in redazione, sono concordi sul fatto che mai in un Tg sono stati assunti tanti precari (18), mai ottenute tante gratifiche, mai lanciati tanti volti nuovi. «L’Usigrai dovrebbe fare i salti di gioia, invece difende i più forti», sostiene il «nuovo corso». Volendo dirla alla Minzo, «ma de’ che stamo a parlà?».

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