I finiani in mezzo al guado aspettano un cenno del capo

RomaSotto coperta, in stand by. I finiani stanno a guardare. Aspettano che il loro leader s’incontri con il Cavaliere, prima di entrare in azione. Attendono, insomma, che si sciolgano i nodi politici, che si trovi tra i due un «accordo complessivo», perché il pacchetto è unico: prendere o lasciare. E va dalla «rivisitazione del rapporto di forza interno al Pdl, magari dopo le Regionali, alla posizione da tenere sul versante giustizia». Le questioni sono legate tra loro. Ma in vista della ripresa dell’attività parlamentare, in mancanza di chiarimento (il vis-à-vis potrebbe avvenire martedì come tra dieci giorni, visto che non è stato ancora calendarizzato), i fedelissimi di Gianfranco Fini assicurano: «Non faremo imboscate». Il ragionamento è chiaro: «È inutile sbilanciarci, in un verso o nell’altro, senza capire cosa verrà fuori dal faccia a faccia».
Così, non metteranno per il momento i bastoni tra le ruote sul processo breve, che impegnerà da martedì il Senato, né sulla querelle cittadinanza, che verrà rispedita dall’aula di Montecitorio in Commissione, per una «approfondita discussione», con l’obiettivo di rinviare la temuta disputa. E sull’ipotesi bipartisan di immunità parlamentare? «Non ci siamo espressi e il motivo è identico, anche se sulla questione non dovrebbero esserci problemi».
Attendere, prego, è il ritornello. Lo si capisce dal pensiero del messinese Carmelo Briguglio, che nei giorni scorsi aveva avanzato l’ipotesi «separazione» (scenario sempre possibile, seppur nascosto ora sotto il tappeto), in caso di perdurata frattura: «Il Pdl ha bisogno di ripartire da un forte patto politico su riforme e partito e sono fiducioso in una ritrovata sintonia tra Fini e Berlusconi». Un po’ sospesi, un po’ speranzosi. Stessa linea di un altro finiano, Pippo Scalia: «C’è molta attesa, ma si spera che trovino le ragioni dello stare assieme». Altrimenti è scissione? «Mai considerata, ma se fossimo costretti a portarla avanti - aggiunge il deputato agrigentino - non saremmo certo 21, ma molti di più».
Finiani in mezzo al guado. Ma senza dubbi sulle richieste di Fini. «Innanzitutto la nomina di un coordinatore Pdl che possa rappresentarlo nel partito», pronostica un parlamentare non siciliano: «È la madre di tutte le battaglie». E allora come la mettiamo con la smentita «irritata» («notizia palesemente infondata, sciocchezza colossale»), affidata ieri al suo staff, in merito alla ventilata richiesta di sostituzione tra Ignazio La Russa e Italo Bocchino? «Era inevitabile che Fini smentisse in maniera formale, visto che non vi è nulla di concreto, ma la sostanza rimane», spiega un altro fedelissimo. La questione, non sarebbe tanto (o solo) legata alla fedeltà verso il capo di La Russa, quanto il doppio incarico ricoperto. Secondo i finiani «è giusto, per il bene del partito e di Berlusconi, chiedere che il coordinatore non sia ministro». Quindi, La Russa e Sandro Bondi. In più, raccontano, il cambio della guardia potrebbe far indorare la pillola agli ex aennini riottosi sulla nomina di Daniela Santanchè a sottosegretario (potrebbe avvenire al Consiglio dei ministri di mercoledì).
Nel frattempo, Bocchino dice la sua alle quattro del pomeriggio (ritardo giustificato dal fuso orario di Miami): «Il Pdl ha già un coordinatore proveniente dall’area di An e la figura di Ignazio La Russa è la migliore che si potesse esprimere». E «tutte le ipotesi che paventano divisioni e cambi di ruoli sono lunari», aggiunge il vicecapogruppo Pdl alla Camera. «È una notizia falsa, magari fosse vera, così potrei fare solo il ministro», sottolinea il titolare alla Difesa, che martedì ha incontrato a Milano la leader del Movimento per l’Italia. La cui eventuale nomina non viene digerita da Alessandra Mussolini: un «allargamento della compagine governativa alla Befana è politicamente un non senso. A meno che si voglia a ogni costo introdurre all’interno del Pdl la componente feltriana».

La replica, anche a ulteriori allusioni sulla Befana «con i tacchi e la culotte», è soft: «Questo è un Paese libero, democratico, ognuno dice ciò che pensa». E «la cosa - prosegue la Santanchè - non mi tocca. Anzi, auspico che tutti dicano la loro su tale ipotesi».

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