I genitori costretti a pagare supplenti, scope e detersivi

A cinque mesi dall’inizio dell’anno scolastico il governo Prodi non ha ancora erogato i fondi

Scuole senza soldi. Dirigenti scolastici costretti a far ricorso ai fondi raccolti all’inizio dell’anno dai genitori per far fronte a una situazione finanziaria disastrosa: per pagare gli stipendi ai supplenti e persino per acquistare il materiale per le pulizie. Perché i fondi prima assegnati agli uffici scolastici regionali per essere distribuiti alle scuole, ora se li tiene stretti nella sua borsa il ministero. Che a metà anno scolastico lascia ancora le scuole a secco. E dire che proprio l’altro giono il ministro Giuseppe Fioroni in una lettera inviata agli insegnanti italiani indicava alcuni obiettivi che stava attuando per migliorare il servizio scolastico nazionale: «Restituire maggior protagonismo e responsabilità alle singole scuole e agli insegnanti» e, quindi, «l’affidamento diretto alle singole scuole autonome delle risorse finanziarie e la definizione di nuovi strumenti per una gestione condivisa e responsabile». Belle parole, che tuttavia si vanno a scontrare con una realtà che si sta facendo di giorno in giorno più drammatica. Le scuole, infatti, sono con l’acqua alla gola per la mancanza di fondi. Così sono già a rischio in molte situazioni gli stipendi dei supplenti, e sono bloccati molti progetti previsti per migliorare la qualità dell’offerta formativa. «Nelle scuole statali si sta verificando una situazione che ha dell’incredibile – protesta Gianni Gandola, a nome dell’Andis (Associazione nazionale dirigenti scolastici) -. A cinque mesi dall’inizio dell’anno scolastico, gli istituti non conoscono ancora l’entità dei finanziamenti relativi alle spese di funzionamento e all’autonomia scolastica. Non solo questi fondi non sono stati accreditati alle scuole, ma addirittura non è dato sapere qual è la loro effettiva consistenza. Questo è il motivo per cui sono state rinviate a data da stabilirsi le scadenze per l’approvazione del Programma annuale, vale a dire la definizione del bilancio relativo alle attività che si possono realizzare. È evidente che un ritardo del genere vanifica qualsiasi possibilità di programmazione seria delle attività (gli istituti dovrebbero sapere a inizio anno scolastico quali sono le risorse di cui dispongono e quindi programmare attività, spese, ecc.). Qui siamo ormai a metà anno scolastico e tutto è ancora avvolto nella nebbia». La situazione si è complicata con la recente approvazione della Finanziaria che, a differenza di quel che succedeva in passato, ha centralizzato la distribuzione dei fondi da assegnare alle scuole. Una situazione in cui a farne le spese sono innanzitutto gli insegnanti chiamati nelle scuole a coprire le cattedre vuote perché il titolare si ammala o comunque si assenta. «Fino ad ora – continua Gandola - le scuole avevano a disposizione un budget annuale assegnato dalla Direzione regionale e dagli Uffici scolastici provinciali. Esaurito questo budget (e molte sono le scuole, soprattutto primarie, che sono in questa situazione) potevano chiedere un’integrazione. La Direzione regionale (almeno quella della Lombardia) tratteneva infatti una quota per le perequazioni. Già ora la situazione è critica: presso alcuni Usp (Uffici scolastici provinciali, gli ex provveditorati), come ad esempio a Sondrio e Brescia, questi fondi pare siano esauriti. Anche a Milano siamo in condizioni non meno allarmanti.

Ma cosa succederà d’ora in avanti? Se i fondi per le supplenze verranno assegnati direttamente dal ministero, una volta esaurita la somma assegnata, a chi chiederanno le scuole la necessaria compensazione? Come provvederanno a pagare gli stipendi ai supplenti a fine mese? Con quali soldi e con quali tempi?». È così ovviamente per tutte le scuole del territorio nazionale.

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