I grandi rischi del diabete e dell’obesità

Una patologia che riguarda potenzialmente nove milioni di persone solo in Italia, la sindrome metabolica, è un pericolo reale innescato dalla graduale trasformazione del nostro stile di vita e dal progressivo abbandono della dieta mediterranea. «Se le malattie cardiovascolari costituiscono la prima causa di morte nel nostro Paese e la mortalità non tende a diminuire anche per l’invecchiamento della popolazione, oltre ai tradizionali fattori di rischio cardiovascolare (ipertensione, ipercolesterolemia, diabete, fumo), sempre più preoccupazione desta una condizione che va sotto il nome di «sindrome metabolica», caratterizzata dalla coesistenza di più fattori di rischio», spiega il professor Elmo Mannarino, presidente della Sisa (Società italiana di studio dell’aterosclerosi). Si definisce sindrome metabolica l’associazione di diverse condizioni finora sottovalutate che, quando si presentano insieme, costituiscono un importante fattore di rischio per il cuore e per i vasi. La sindrome metabolica si concretizza ad esempio in una glicemia anche solo lievemente aumentata, una pressione arteriosa accresciuta oltre il normale, l’aumento dei trigliceridi, la riduzione del colesterolo Hdl e soprattutto l’obesità addominale. La cosiddetta «pancetta» nasconde spesso una serie di alterazioni che non comportano alcun disturbo soggettivo, ma che poi favoriscono l’insorgenza dell’infarto, dell’ictus cerebrale e delle altre complicazioni cardiovascolari.
La Sisa ha dedicato grande attenzione alla sindrome metabolica, avendola identificata come il «fattore di rischio» che più di ogni altro tende ad aumentare in maniera allarmante in questi ultimi anni. Dai risultati dello studio emerge che l’Italia sta cambiando in peggio le proprie abitudini alimentari e lo stile di vita. Ne è una prova l’obesità infantile che, anche nelle regioni meridionali, finora al riparo da questo pericolo, sta assumendo vere e proprie proporzioni epidemiche. Uno studio dell’Università di Sydney, presentato recentemente, ha esaminato la condizione cardiovascolare dei pazienti diabetici. Il diabete, infatti, moltiplica il rischio di infarto o di ictus.

Questo studio ha documentato in mille diabetici, che l’impiego di un farmaco ipolipemizzante come il fenofibrato, capace di modificare i grassi del sangue ed in particolare i trigliceridi ed il colesterolo cattivo, riduce gli infarti non fatali e altre complicazioni vascolari. Questi risultati miglioreranno l’approccio alla prevenzione delle malattie cardiovascolari nel paziente diabetico.
gloriasj@unipr.it

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