Ma i guai delle donne non nascono con il Cav

Sbagliato confinare decenni di discriminazioni solo alle vicende del "Ruby-gate". Quindi, per favore risparmiateci le mimose anti-Berlusconi

Ma i guai delle donne  
non nascono con il Cav

Ci sarà il sindaco che regala le poesie alle sue concittadine. La benedizione laica delle mimose nella sala del Gonfalone. Il dibattito sul femminicidio in Messico. La loggia di Firenze illuminata in rosa. L’autodromo del Mugello che fa uno sconto alle donne per il Gp del 3 luglio (preveggenza del marketing). Gli ultimi dati su «donna e sport». Gli ultimi dati su «donna e agricoltura». Gli ultimi dati su «donna e infortuni domestici». Le visite ginecologiche gratuite. E lo spettacolo serale dei California Dream Men con tante donne scatenate per l’esibizione notturna dei corpi maschili, dopo la doverosa indignazione diurna per l'esibizione dei corpi femminili. Del resto: se non ora, quando?

Sarà il solito 8 marzo, insomma, anche se ci hanno spiegato in tutti i modi che la serata tra amiche non è più trendy, la pizza&birra al femminile non fa chic, lo spogliarello degli ometti, poi, è veramente out: quest’anno per festeggiare la donna come si conviene urge partecipazione al corteo, manifestazione di rinnovato impegno, un ripasso del post femminismo, la visione comunitaria del Corpo delle donne, la collezione completa in dvd dell’Infedele di Gad Lerner, l’esibizione in camera di un poster di Angela Finocchiaro e Concita De Gregorio e alto lamento contro il diffondersi della pornocrazia in Tv. E soprattutto urge levare in alto gli striscioni contro il bunga bunga. Sarà il solito 8 marzo, insomma. Ma non bisogna dirlo. Non si può dirlo. Perché anche la festa della donna è stata divorata dall’ossessione antiberlusconiana.

Come se i problemi della donna cominciassero e finissero tutti lì, in mezzo alle notti più o meno agitate del Cavaliere. Come se decenni di discriminazione del gentil sesso fossero confinati dentro i recinti di via Olgettina. Come se le difficoltà sul mondo del lavoro, le violenze domestiche, la mancanza di strutture, la carenza di asili nido, la pochezza delle politiche sociali, gli stupri nei parchi pubblici, le umiliazioni nei luoghi privati, come se tutto questo non esistesse prima di Ruby Rubacuori. Come se fosse tutto una derivazione berlusconiana. E come se tutto potesse scomparire di colpo, eliminando il premier, magari con un tratto di rossetto o di make up.
E non importa se a scendere in piazza sono antiche ragazze che quand’erano quindici-sedicenni cercavano il successo proprio come una qualsiasi Ruby frequentando vip, calciatori famosi o registi-autori Tv di successo. Non importa se a recitare gli slogan del moralismo bacchettone sono le stesse che un tempo sfidavano le regole della morale e inneggiavano alla trasgressione.

Non importa se tra le politiche della sinistra, come ha dichiarato la parlamentare Pdl Melania Rizzoli, non si può escludere che ce ne siano alcune elette solo per aver fatto sesso con i propri capi. L’unica cosa che conta è trovare un altro pretesto per attaccare Berlusconi: l'8 marzo le donne, il 9 la giustizia, il 12 la scuola, il 17 l’unità d’Italia... E avanti: piazza continua, come ha titolato l’Unità. Una specie di sit in permanente, un raduno prolungato degli sfaccendati, una ripetuta jam session di tromboni.
Tromboni e trombone: va bene, fate pure, ma non veniteci a raccontare che questo è un 8 marzo diverso dagli altri. Questo sarà un 8 marzo come tutti gli altri, con la medesima dose di mimose, veleni e retorica. Le donne, in fondo, sono nelle stesse condizioni, i loro problemi sono uguali, il bunga bunga non ha cambiato nulla, il caso Ruby non ha inciso di un centimetro sulla loro libertà.

Se vogliamo considerare seriamente la questione femminile, piuttosto, non sarà il caso di dedicare la festa a qualcosa che davvero per le donne in questi giorni sta cambiando? Allora bisognerebbe avere la vista un po’ meno ottusa, andare oltre Arcore, arrivare fino al Maghreb.

Ma sì: se davvero vogliamo difendere le donne, bisognerebbe scendere in piazza per le giovani arabe, per evitare che la loro ansia di rinnovamento venga soffocata sotto il velo islamico, per impedire che la loro rivoluzione finisca uccisa dal burqa o dalla violenza della Jihad. Questo potrebbe essere davvero un 8 marzo diverso dagli altri per le donne italiane. E poi chi se ne importa se qualcuna non troppo trendy lo vorrà concludere, come ogni anno, divertendosi con i California Dream Men.

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