I monumenti più odiati nei film

Colosseo, Vittoriano, Piramide, Arco di Costantino e ponte Sant’Angelo sono i monumenti più «odiati»; anzi sarebbe meglio dire «colpiti» di Roma. Almeno dal cinema. Se è vero che la Capitale è uno dei set prediletti da registi italiani e stranieri, lo è altrettanto che alcuni dei suoi monumenti più famosi proprio sul grande schermo sono stati maestosamente «abbattuti», ovviamente dopo essere stati ricostruiti in cartapesta o virtualmente.
Per seguire le tracce di tali catastrofi, basta passeggiare per la città. Le distruzioni ambientate nella Capitale, infatti, piacciono molto ai produttori e al pubblico. Così nei film vengono proposte per svago. Nel 1957 Nathan Juran in «A 30 milioni di chilometri dalla terra» decide di colpire ponte Sant’Angelo, Bioparco - allora, zoo - e Colosseo. Ymir, dinosauro spaziale, abbattutosi da Venere sulla terra con la sua astronave, viene portato allo zoo di Roma. Da qui scappa, con tutti i danni che può comportare la fuga di un mostro inferocito. Messa a soqquadro la città e terrorizzati gli abitanti - memorabile la scena in cui si affaccia su ponte Sant’Angelo - braccato dall’esercito, si arrampica sul Colosseo, dove è ucciso a colpi di bazooka copiosamente sparati contro l’anfiteatro, con relativi crolli.
Nel 1961 in «Che gioia vivere!» di René Clement, con Paolo Stoppa, Ugo Tognazzi, Gino Cervi e Alain Delon, a vedersela male sono più zone del Centro storico, meta di attentati anarchici, dal crollo di parte dell’Arco di Costantino alle esplosioni in piazza delle Cinque Scole. Fortunatamente, ad assicurarsi che le bombe, nella maggior parte dei casi, facciano più fumo che danni è Delon, rivoluzionario per caso e per amore. Nel 1997 i riflettori sono nuovamente puntati sul Colosseo. Il film è «Double Team» diretto da Hark Tsui, con Jean-Claude Van Damme, Mickey Rourke, Dennis Rodman. Van Damme, agente dell’antiterrorismo statunitense, si scontra con Rourke, in nome della giustizia e per immancabili motivi personali. Dopo varie esplosioni - colpita pure la Piramide Cestia - il duello finale si svolge al Colosseo, in un’evidente citazione di «L’urlo di Chen terrorizza anche l’Occidente» (1973) in cui Bruce Lee e Chuck Norris si affrontavano a colpi di kung fu tra le arcate. A rendere più pericoloso lo scontro, stavolta l’area è disseminata di mine che, scoppieranno in un effetto domino, quando una di esse sarà calpestata da Rourke, alle prese con una tigre feroce. Il cattivo muore e il Colosseo crolla.
Nel 2002 Marco Bellocchio, ne «L’ora di Religione» con Sergio Castellitto, fa franare virtualmente l’Altare della Patria. All’effetto speciale si aggiunge la spiegazione del gesto. «Tutte le volte che passavo davanti al Vittoriano, io mi arrabbiavo al punto da non controllarmi - recita uno dei protagonisti -. In più pensavano che io fossi un nichilista, un anarchico, ma non capivano che era la bruttezza del monumento a disgustarmi, non il suo significato patriottico. Non lo sopportavo. Io trovavo che quella bruttezza avesse inibito la fantasia degli architetti di tutto il mondo. Li avesse impauriti, terrorizzati. Allora decisi di farlo saltare per aria».
Nel 2003 in «The Core» di Jon Amiel, una tempesta magnetica si abbatte su piazza di Spagna e via Condotti, poi sbriciola Colosseo e Vittoriano.

A causarla è l'improvvisa interruzione della rotazione del nucleo terrestre. La fine del mondo è vicina, sembra assicurare il film, d’altronde la distruzione della città eterna è il primo segno di una moderna Apocalisse. E, a quanto pare, di una pellicola di successo.

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