Luca Telese
da Milano
La scena è di quelle che non si dimenticano: il gigante nero con la tromba, che poco dopo risulterà rispondere al nome di Ramon Martinez è lì, sul palco della festa tricolore, proprio sotto la fiamma del simbolone di An. Alza il suo strumento al cielo, avvicina la bocca al microfono e grida: «Vi-va Fidel! Vi-va Fidel!». Possibile? Castro osannato alla festa di An? Che si tratti di uno scherzo, o forse della scena di un film girato in piena città? No, tutto vero. In una serata con due colpi di scena, il primo è quello del gigante nero; il secondo quello di Ignazio La Russa, che un minuto dopo il trombettista, afferra anche lui il microfono e, a sorpresa, dice.... No. cosa fa La Russa ve lo diremo solo alla fine dellarticolo.
Infatti, per raccontare le cose con ordine bisogna partire dallinizio della serata e dallequivoco che la segna. Gli uomini di An hanno invitato a parlare nella loro festa alcuni dissidenti cubani per un dibattito sulle libertà negate a Cuba. Lospite principale è lintellettuale Carlos Caballero, occhialini da miope, baffi e fisico minuto. A seguire - per restare in tema - è prevista una serata di musica cubana. Per loccasione gli organizzatori sono riusciti a ottenere la presenza dei Sabor Tropical di Santiago de Cuba - trentanni di storia e note - una delle migliori orchestre dellisola caraibica. Solo che i musicisti non sanno nulla della festa in cui stanno per suonare, né del dibattito che precede la loro performance. Quando Caballero inizia a raccontare che Cuba vive sotto una dittatura, dietro il palco iniziano le prime concitate discussioni. Forse alcuni musicisti temono la presenza di qualche diplomatico dellambasciata, sicuramente molti di loro sono sinceramente fidelisti e lo vogliono dire. Discutono animatamente con il loro manager, decidono che suoneranno solo se potranno dissociarsi pubblicamente dalle parole dei dissidenti: «Noi siamo una orchestra con trenta anni di storia, facciamo musica - dice Martinez a nome degli altri al microfono - ma siamo anche patrioti, crediamo nelle conquiste della nostra rivoluzione. Suoneremo lo stesso, ma viva Fidel!». Tutti gli altri musicisti alzano i loro strumenti e gli fanno il coro: «Vi-va Fidel! Vi-va Fidel». La platea è gelata, e non sa cosa fare: difendere i dissidenti? Tacitare i musicisti? Come conciliare lospitalità e lidentità del partito? Mentre tutti si stanno facendo questa domanda, una figura piomba sotto il palco con tempismo impareggiabile. È lui, La Russa. Prende il microfono e dice con tutto il fiato che ha in corpo: «Questa è casa nostra, e noi siamo persone corrette. Ma non possiamo nemmeno accettare che si esalti un dittatore! Allora vi ringraziamo, vi pagheremo lo stesso, ma non vogliamo sentirvi suonare, qui, stasera!». Boato della platea, facce scure dei musicisti che scendono dal palco. Accorre un cordone di agenti, il responsabile delle forze dellordine teme incidenti (che non ci saranno). Civilmente divisi i due schieramenti si ritirano: i giovani di An a chiacchierare con gli antifidelisti, i musicisti e le loro famiglie con il manager, Lucio Laganà: «Siamo dei musicisti, non dei mercenari - ripete Martinez - io sono iscritto al partito comunista cubano da trentanni, non potevo tacere».
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