Karol Józef Wojtyla, divenuto Giovanni Paolo II il 16 ottobre 1978, nacque a Wadowice, città a cinquanta chilometri da Cracovia, in Polonia, il 18 maggio 1920. Era l'ultimo dei tre figli di Karol Wojtyla e di Emilia Kaczorowska, che morì nel 1929. Suo fratello maggiore Edmund, medico, morì invece nel 1932, mentre suo padre, sottufficiale dell'esercito, nel 1941. La sorella, Olga, era morta prima che lui nascesse. In sostanza, poco più che ventenne, Karol Wojtyla rimase solo al mondo, solo senza i più stretti familiari.
Si parla sempre poco, quando si ripercorre la vita del «Papa Magno» - così lo ha definito poche ore dopo la sua morte il cardinale Angelo Sodano -, di questa sofferenza che Karol Wojtyla dovette subire in giovane età, in particolare della sofferenza per la perdita della madre. Si parla poco della salma esposta nella casa, i funerali, la sepoltura nel cimitero, fatti che, come scrive Renzo Allegri, «impressionarono tremendamente» il piccolo Karol. Quel lutto segnò la sua vita per sempre. Gli fece scoprire il dolore di perdere la persona più cara. Tutti gli amici di Karol Wojtyla sono concordi nel dire che egli rimase sconvolto dalla perdita della madre al punto di non riuscire quasi mai a parlare di lei. Solo una volta, al giornalista francese André Frossard, che era suo amico, confidò: «La morte di mia madre è sempre profondamente scolpita nella mia mente». Il suo amore tenero e vivo lo dimostrò tenendo sempre con sé alcuni oggetti che erano appartenuti a sua madre: un tavolino e la cesta di vimini che Emilia usava per raccogliere la biancheria. In seguito, quando Karol Wojtyla era anche diventato un famoso poeta, scrisse, in ricordo della madre questa poesia: «Sulla tua tomba bianca, Fioriscono bianchi fiori della vita. Oh, quanti anni sono stati senza di te, Quanti anni fa? Sulla tua tomba bianca. Da tanti anni già chiusa: Come se in alto qualcosa si innalzasse, Come la morte incomprensibile. Sulla tua tomba bianca, O madre, mio spento amore, Con tanto affetto filiale, Faccio preghiera: Dio, donale eterno riposo».
Ma, oltre al dolore, gli portò una certa libertà. Wojtyla rimase solo, è vero, ma proprio perché solo, fu di fatto più libero di darsi a Dio senza condizionamenti. Non aveva nessuno a cui rendere conto, nessuno a cui tornare. Aveva davanti a sé soltanto persone a cui andare. Fu anche per questo motivo che egli divenne «Papa missionario», come lo definì il vaticanista Luigi Accattoli? Difficile rispondere. Senz'altro il non avere vicino gli affetti più cari lo spinse a cercarne di altri in libertà, fino ad abbracciare il mondo intero, nessuno escluso.
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