I "Pinguini" da favola. La band di provincia che è arrivata a San Siro "passo dopo passo"

Zanotti e i "Tattici nucleari": "Non usiamo le basi ma abbiamo le basi per suonare"

I "Pinguini" da favola. La band di provincia che è arrivata a San Siro "passo dopo passo"
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Ma allora esistono ancora le favole pop, quelle che sogni, fatichi, magari ti disperi ma non molli e poi finisci a suonare a San Siro. «A differenza di chi suona con le basi, noi abbiamo le basi per suonare», ha spiegato l'altro giorno il loro cantante che, nel mondo della comunicazione sintetica, ha due pregi essenziali: sa essere democristiano, quindi non tranchant, ma allo stesso tempo è anche incisivo, graffiante quanto basta. Ieri sera (e pure stasera) i Pinguini Tattici Nucleari hanno riempito lo stadio con la loro musica che non era di moda ma lo è diventata, che non sfrutta luoghi comuni ma ora è comune in tutti i luoghi visto che i loro brani passano in radio, sono notevolmente «strimmati» e non hanno età perché piacciono ai coetanei di questa band di trentenni ma piacciono pure ai bambini e pure ai boomer che non vedevano l'ora di sentire buon pop senza autotune, senza congiuntivi sbagliati, senza lo sfavillio posticcio di povera ricchezza o di machismo da commedia sexy.

I Pinguini sono tutti bergamaschi, Riccardo Zanotti è il cantante e il leader sul proscenio ma i veri protagonisti di questa band - già una band, ci pensate?, ormai sono più rare di una foto senza filtri - sono tutti e sei, anche quelli che non parlano mai in pubblico ma si limitano a fare ciò che deve fare un musicista: comporre brani e poi suonarli davanti al numero più grande possibile di spettatori. Lo fanno dal 2010, prima erano un gruppo di «metal demenziale» e sono partiti suonando nei locali minuscoli dove si beveva anche la Tactical Nuclear Penguin prodotta da un birrificio scozzese che imbottiglia anche birra a 55 gradi. Per dirla tutta, come ha precisato l'altro giorno, Riccardo viene dal metal più puro e crudo, «neanche dai Metallica, proprio dagli Obscura e dai Cannibal Corpse». Oggi i suoi Pinguini Tattici sono la band più trasversale in circolazione e lo sono diventati passo dopo passo, lentamente, arginando pure la sfortuna di vendere tutti i biglietti del Forum di Assago e poi vedersi rinviare il concerto per due anni a causa del Covid.

Erano appena stati scelti per gareggiare a Sanremo godendosi il solito e spesso beneaugurante «ma chi sono questi?» del grande pubblico televisivo. La favola, si diceva. «Questi» sono arrivati terzi al Festival con l'unica canzone che oggi forse non rappresentano appieno, ossia Ringo Starr con il verso slogan «In un mondo di John e di Paul io sono Ringo Starr». In realtà da ieri anche i Pinguini sono nel mondo di Paul che è, senza far paragoni, quello di chi riempie gli stadi (120mila biglietti per due concerti) e non dà l'idea di esserci arrivato per caso. D'altronde basta ascoltare i loro brani che, quasi fossero i nuovi 883, srotolano immagini forti perché (ingiustamente) ritenute deboli per tanto tempo tipo «In auto dormi ed io non riesco a non guardarti, sei bella da schiantarsi, da sfiorare il guard rail» (da Giovani wannabe) oppure «Siamo figure losche, facciam male alle mosche, togliamoci la maschera alla Scooby Doo» (da Scooby Doo) che rendono l'idea della nuova provincia, di chi non si è inzaccherato con i falsi miti della metropoli e che non mira a essere qualcos'altro ma desidera semplicemente godersi ciò che ha meritato. Tra chi critica ricchezze che non vede l'ora di avere, i Pinguini sono controcorrente. Non sono complottisti, non lamentano di essere emarginati, sfortunati, condannati a restare nell'anonimato dalla sorte brutta e cattiva.

Ce l'hanno messa tutta e, per dirla con Zanotti l'altro giorno, «abbiamo la fortuna di essere nati bruttini», che oggi, nell'epoca della bellezza a tutti i costi, è lo slogan più punk di tutti. Forse per questo i Pinguini piacciono così tanto e non vivono di like. Hanno studiato per diventare una band da stadio. «Se passi da 0 a 100 in 3 secondi rischi di finire a bordo pista con il motore in fiamme.

Magari non ti bruci la carriera, ma rovini il momento», spiegava con il fiatone prima delle ultime prove in quello stadio dov'era entrato solo per l'Inter o per i Coldplay. «Bisogna dosare le marce», dice adesso che i suoi Pinguini hanno inserito la quinta e chi li ferma più.

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