I pm hanno scoperto la cupola usando i sistemi anticamorra

Moggi chiamava designatori e arbitri. Che non usavano mai le utenze segrete coi loro capi

Nostro inviato a Napoli

Una rete telefonica riservata. Un sistema investigativo forte dell’esperienza fatta con le inchieste sulla camorra. E qualche ingenuità di troppo degli arbitri nel mirino delle indagini sul calcio sporco che ha consentito agli inquirenti di trovare la quadratura del cerchio. Anzi, delle triangolazioni. Proprio l’uso, cominciato nel 2004, delle 21 sim comprate all’estero (Svizzera, Liechtenstein e Slovenia) dall’ex diesse messinese Mariano Fabiani e in uso a lui stesso, a Moggi, agli ex designatori e ad arbitri e guardalinee, secondo la Procura napoletana, dimostrano che quella che controllava il calcio nostrano era un’organizzazione strutturata. Aver scelto telefoni «discreti» è considerato dagli investigatori un elemento sintomatico dell’associazione per delinquere, e proprio il filone delle comunicazioni riservate, nato con le prime dichiarazioni rese a verbale di fronte ai pm da Paolo Bergamo, è divenuto quello portante per l’inchiesta. A dare corpo ai sospetti dei magistrati partenopei è stata la dettagliata informativa dei carabinieri sulle utenze «straniere». Un lavoro certosino, visto che i telefoni non erano intestati agli indagati. Ma, ricalcando le modalità operative utilizzate nelle inchieste di camorra, incrociando i tabulati di questi numeri con le «celle» della rete mobile in cui erano segnalati come attivi anche i cellulari ufficiali dei protagonisti dell’inchiesta, si è ottenuta una precisa mappa di nomi, date e luoghi. Che spesso coincidono con i giorni e le città sede delle sospette «trattative» finalizzate a pilotare i sorteggi arbitrali e i risultati degli incontri di calcio. Gli inquirenti sarebbero sicuri dell’infallibilità dell’attribuzione delle sim, avendo ricostruito anche il sistema di «filtri» per aumentare la riservatezza: Luciano Moggi chiamava arbitri e designatori, Fabiani solo gli arbitri, e questi ultimi non avrebbero mai avuto contatti diretti con i designatori attraverso le utenze segrete. In un caso, in particolare, uno degli arbitri nel mirino, Gianluca Paparesta, avrebbe commesso un’ingenuità, telefonando a un familiare dall’utenza «svizzera» e certificandone dunque il possesso.
Delle 21 schede, secondo la procura ben 5 sarebbero state nella disponibilità di Moggi. Due a testa, invece, sarebbero state utilizzate da Fabiani, dai designatori Paolo Bergamo e Pierluigi Pairetto e dagli arbitri Paparesta e Salvatore Racalbuto. Una, infine, per Massimo De Santis, Tiziano Pieri, Stefano Cassarà, Antonio Dattilo, Paolo Bertini, Marco Gabriele e Marcello Ambrosino.

E mentre a Roma Borrelli e gli uomini dell’ufficio indagini attendono oggi gli atti dell’inchiesta, quelle carte potrebbero mietere subito le prime vittime: il presidente Aia Cesare Gussoni sarebbe pronto a prendere provvedimenti nei confronti degli arbitri più coinvolti.
Probabile la sospensione immediata per Paparesta, Pieri, Bertini e Ambrosino.

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