I pregiudizi dell’arte

I pregiudizi dell’arte

Il mondo è pieno di tangheri e di pettegoli. Cerco di evitarli e di ignorarne l’esistenza ma, puntualmente, ogni anno mi costringe a rivederli quello che un tempo fu un buon giornale di informazione di settore, Il giornale dell’Arte, con una divertente e perfida rubrica che chiede indicazioni su il meglio e il peggio dell’anno appena passato a esperti, critici, galleristi. Ora, non so quanti sappiano che il mondo dell’arte, volto per sua essenza alla bellezza, è uno dei mondi più attraversati dall’invidia, dalla competizione, dal desiderio, naturale negli artisti, di eccellere, ma anche da rabbia e malvagità e insinuazioni legate agli interessi materiali che dal mercato dell’arte al restauro, all’architettura ne costituiscono componenti essenziali. Se il bello è dunque legato all’interesse, il meglio e il peggio ne sono una inevitabile conseguenza. Ho a lungo pensato che il mondo dell’Università fosse il più corrotto; oggi comincio a pensare che la corruzione prevalente, del gusto, dell’intelligenza, (...) oltre che del denaro sia fra i critici e i galleristi di arte contemporanea per troppi anni abituati a compiacersi del nulla e a farlo passare per degno del massimo interesse. Penso anche alla frustrazione di un artista di talento che debba sottoporre la sua opera all’attenzione di Achille Bonito Oliva, o di Lea Vergine o di Massimiliano Tonelli. Cosa unisce questi rappresentanti del demi monde dell’arte contemporanea? Se Lea Vergine non diversamente dal direttore della Galleria Civica di arte contemporanea di Trento, Fabio Cavallucci, indica come peggior pittore Lucian Freud che è sicuramente l’artista di maggiore sensibilità e qualità attivo oggi, Bonito Oliva e il Tonelli sembrano prendersela con Caravaggio, probabilmente per colpa mia. Dubito infatti che abbiano messo piede nella mostra Caravaggio e l’Europa di Palazzo Reale sede, a priori, secondo Lea Vergine, delle mostre peggiori. È veramente sconfortante leggere insensatezze così manifeste, e anche, magari, argomentate «non se ne può più di annunci di mostre che promettono molto e mantengono poco o nulla; ci sarebbe da rivolgersi alle associazioni dei consumatori» dichiara, a proposito di Caravaggio e l’Europa, Massimiliano Tonelli. Io non so cosa abbia fatto nella sua vita questo Tonelli ma so benissimo cos’hanno fatto Bonito Oliva e Lea Vergine. E so che, se per una volta invece che affidarsi ai loro pregiudizi entrassero in Palazzo Reale per vedere i quadri con occhi liberi provando per una volta a studiarli e capirli troverebbero, insieme a otto superbi capolavori di Caravaggio di commovente bellezza, anche una serie di inequivocabili capolavori di Orazio e Artemisia Gentileschi, di Cecco del Caravaggio, di Jusepe De Ribera, di Battistello Caracciolo, di Rubens, di Valentin de Boulogne, di Simon Vouet, Matteo Stomer di Gherardo delle Notti, di Terbrugghen, di Rutilio Manetti, di Pietro Paolini, di Mattia Preti, di Giovanni Serodine. Con un comitato di seri e valorosi studiosi messo insieme per la prima volta in così gran numero per mostrare, esattamente come il titolo dice, gli straordinari effetti della visione del Caravaggio sui più valorosi pittori europei. Provino a farlo loro, provino il Tonelli e la Vergine a mettere insieme tanti capolavori senza essere come Tonelli sensibile al solo nome di Caravaggio per puro divismo.

Saranno in grado i loro occhi straziati dai Cattelan e dalle altre espressioni della moda di sentire l’energia di Ribera, la brutalità di Artemisia, la luce soprannaturale di Terbrugghen e le altre autentiche meraviglie che loro non sarebbero stati capaci di mettere insieme? E mi chiedo: è in loro più forte l’invidia o l’incapacità di capire? Preferirei la prima, ma temo la seconda. Vittorio Sgarbi

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