I professori: «Le lezioni in piazza? Danneggiano il diritto allo studio»

Le lezioni sul sagrato del Duomo? Pittoresche, magari utili per diffondere la cultura in piazza, ma estranee alla vita dell’università. Se in questi giorni di mobilitazione la maggior parte degli studenti chiede di studiare in pace, i professori vanno avanti con i corsi, sperando di non essere costretti a interrompere la didattica. In coro ripetono che i colleghi pronti a scendere in strada sono una minoranza. E che le critiche al decreto Gelmini non devono trasformarsi in un danno per chi, d’accordo o meno con la protesta, vuole solo dare gli esami in tempo. Da Giurisprudenza a Scienze Politiche, passando per Lettere e Filosofia, alla Statale i docenti alzano un coro di «no» a lezioni all’aperto e occupazione. «Non ho intenzione di tenere i miei corsi in piazza Duomo o in qualunque altra strada - spiega Franco Gnoli, docente di Diritto romano -, il posto giusto per fare lezione è un’aula. Queste forme di protesta sono solo una violazione del diritto di studiare».
Il maltempo ha fermato gli irriducibili della piazza, almeno per un giorno. Ma il calendario della mobilitazione è fitto. E il Duomo potrebbe presto tornare a essere «occupato» da studenti e professori. «Penso sia utile far conoscere il nostro lavoro anche all’esterno - continua un’altra docente di Giurisprudenza che preferisce rimanere anonima -, ma non credo che spostare i corsi in piazza Duomo possa servire a questo scopo. Noi professori faremmo meglio a dimostrare che l’università non è soltanto un peso economico incapace di fare il proprio dovere, ma un’istituzione che funziona grazie al duro lavoro di pochi, ma validi. Sono favorevole all’idea che un qualunque passante entri in aula per ascoltare una mia lezione, ma mai andrei a insegnare per strada».
Concetto, questo, ribadito anche a Scienze politiche, culla della protesta. In via Conservatorio domani sarà la giornata delle «lezioni aperte»: seminari e incontri su temi di attualità, che si terranno all’interno dell’università. «Abbiamo ideato questa giornata per far conoscere le nostre ragioni - spiega Paola Bilancia, direttore del dipartimento Giuridico politico -, ma riteniamo che non sia il caso di scendere in piazza. Le lezioni stanno andando avanti regolarmente e non subiranno interruzioni. Anche l’ipotesi dell’occupazione sarebbe sbagliata, non dobbiamo permettere che una protesta sulla legge si trasformi in un problema di ordine pubblico». Anche nella facoltà di Lettere l’idea di insegnare in piazza non piace. «Preferisco le aule della Statale - conferma Alfonso D’Agostino, docente di Filologia moderna -, è più comodo e poi c’è anche la lavagna. A parte gli scherzi, se l’università fosse occupata sarei anche disposto a spostare i corsi in piazza Duomo pur di non penalizzare i miei studenti, ma non condivido del tutto il modo in cui alcuni colleghi stanno protestando. Quindi cercherò di andare avanti con le lezioni, anche giovedì prossimo, in occasione dello sciopero generale». Favorevole all’ateneo in piazza è, invece, la direttrice del dipartimento di Diritto internazionale.

«Domani (oggi per chi legge, ndr) chiederò agli studenti se hanno voglia di venire a sentire la mia lezione in piazza Duomo, mercoledì alle 10.30 - annuncia Nerina Boschiero -. Questo non vuol dire che l’occupazione sia giusta. Credo sarebbe meglio scegliere forme di protesta più creative e, soprattutto, costruttive».

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