I "Sei personaggi" di Pirandello fanno il gioco delle parti

Binasco come Ronconi: lancia i giovani dello Stabile di Torino. La scena come palestra

I "Sei personaggi" di Pirandello fanno il gioco delle parti
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Sono passati 104 anni dal debutto, molto contrastato, di «Sei Personaggi in cerca d'autore» di Pirandello, al teatro Valle di Roma e, mesi dopo, al Manzoni di Milano. Da allora, le rappresentazioni non si contano più. C'è chi si è attenuto, scrupolosamente e filologicamente al testo, c'è chi è intervenuto con una propria scrittura scenica e chi ha scelto la via della trasgressione. Per restare nell'Italia del secondo '900, ricorderei l'edizione «filosofica» di De Lullo, con un «sapiente» Romolo Valli, quella di Buazzelli, in collaborazione con Svoboda, causa di una scissione tra l'attore e lo scenografo, quella fedelissima di Bosetti, quella, sociolgicamente «impegnata» di Cobelli, con l'arrivo dei «Personaggi» al suono delle sirene della polizia e della Croce Rossa, come se stessero fuggendo da una società violenta, quella «nordica» di Lavia, per i rimandi a certe famiglie strindberghiane, quella «strutturalista» di Vasiliev, quella di Zeffirelli, ambientata in uno studio tv, quella farsesca di Carlo Cecchi che trasformò, in protagonista, il direttore da lui interpretato, facendo il verso a Charlot, quella diventata uno «Studio sui Sei Personaggi» di Ronconi, con gli allievi della Accademia Nazionale Silvio D'Amico. Insomma, è come dire che, ogni realizzazione scenica, è legata alla particolare «lettura» del testo.

Questo preambolo è necessario per capire l'ultima versione dei «Sei Personaggi», prodotta dal Teatro Stabile di Torino, con la regia di Valerio Binasco, in scena al Teatro Strehler da oggi al 9 marzo. Anche Binasco ha fatto scelte controcorrente, anche lui, come Ronconi, ha utilizzato gli allievi della Scuola di Teatro dello Stabile, affidando loro i ruoli degli attori che, sotto la guida del direttore, interpretato da Jurij Ferrini, stanno provando «Il gioco delle parti». Sono tutti giovanissimi, privi di quei vezzi che caratterizzano gli attori quando vengono convocati per provare. Basterebbe ricordare quelli dello spettacolo di De Lullo che rispecchiavano i comportamenti degli attori, al tempo di Pirandello: altra scelta di Binasco è stata quella di realizzare i Personaggi in una prospettiva di curiosità, per capire se, il pubblico di oggi, fosse, ancora, «curioso» come quello degli anni Venti. Al di là di simili considerazioni, l'idea più innovativa è stata quella di aver creato un rapporto diverso tra attori e personaggi, nel senso che, i giovani allievi non cercano un contrasto, ma il dialogo che ritengono necessario per capire il senso della recitazione. In fondo, anche i Personaggi chiedono di essere ascoltati di più. L'ascolto, per loro, è necessario perché si sono sentiti abbandonati dall'autore. Binasco non cerca pietà per la tragica storia familiare, né va in cerca di filosofemi, ci si ritrova per mettersi, tutti, alla prova, come aveva fatto Testori coi Personaggi dei «Promessi Sposi».

Lo spazio scelto sembra quello di una palestra. Nel nostro caso, i giovani allievi-attori debbono allenarsi a recitare per capire in che modo si diventi personaggio, con la consapevolezza che non bisogna entrare in competizione, ma, semplicemente, capirli.

Binasco sembra voler dire che, su uno spazio scenico, non esistono «famiglie» differenti, ovvero, quella degli attori e dei personaggi, bensì un'unica famiglia, perché, i panni sporchi, vanno lavati insieme, motivo per cui, il palcoscenico, potrà trasformarsi in una camera di tortura. Per raggiungere questi risultati, Binasco ha diretto una Compagnia di prim'ordine, di cui fanno parte, oltre Ferrini, Sara Bertelà, Giordana Faggiano e Giovanni Drago.

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