Un’idea da sinistra: Gianfry imiti Silvio

RomaL’unica strada che ha Fini per diventare un vero leader e superare Berlusconi? Imitare Berlusconi. E meno male che a scriverlo è il Secolo d’Italia, organo finiano, che ricava forse involontariamente questo curioso consiglio al proprio capo intervistando Lucia Annunziata. La quale, nel disegnare le mosse che Fini dovrebbe seguire per liberarsi dalla maledizione dell’eterno secondo nel centrodestra italiano, tratteggia un’orbita perfettamente berlusconiana. «Adesso Fini deve cercare di essere meno pigro e meno sprezzante, deve scendere in piazza, parlare con la gente, deve fare il leader» analizza l’Annunziata. In altre parole, Fini deve cambiare tutto o quasi se vuole fare il salto di qualità.
«Non deve guardare e parlare dentro il Parlamento. Non deve fare passi tecnicamente inattaccabili per stretta logica parlamentare. Non deve farsi sedurre da manovre parlamentari di alcun genere, né con il centro né con la sinistra. Altrimenti rischia di diventare un eterno membro del Parlamento come ne abbiamo visti tanti», spiega l’editorialista della Stampa, sostenendo così, sul quotidiano dei finiani, la stessa identica tesi dei berluscones, che rimproverano a Fini di manovrare nel Palazzo come i vecchi politici della prima Repubblica. Come D’Alema per esempio, il corrispettivo finiano del centrosinistra: eterno secondo, politico di professione fin dalla tenera età, abile tessitore di trame parlamentari o partitiche ma scarsissimo comunicatore e modestissimo trascinatore di piazze. Eccolo lì infatti che anche il Secolo d’Italia scopre la debolezza finiana. «Fini deve riuscire a guardare sempre al di fuori dell’orizzonte politicista - dice ancora l’Annunziata sul foglio di Futuro e libertà -. Deve dire parole semplici come quando è sceso in Sicilia per dire “Borsellino è un eroe, Mangano no”. Insomma per dirlo con una battuta, deve fare meno il D’Alema e più il Berlusconi».
Se è una battuta, non fa molto ridere. Anzi, riassume il paradosso dell’attuale Fini. Per rendersi credibile e «lanciare un’Opa sul centrodestra», Fini dovrebbe sfruttare «la forza culturale della sua storia missina», si legge sul Secolo. Ecco, come possa sfruttare quella storia, avendo sposato una linea culturale diametralmente opposta pressoché su tutto (dall’immigrazione, alla famiglia naturale, alla storia del Novecento italiano e al ruolo della Resistenza e prima ancora del Fascismo, e poi su molto altro ancora) è un dilemma che parrebbe accettare solo una soluzione in negativo. L’eredità missina, e poi di An, è forse l’unico elemento di vantaggio competitivo che Fini potrebbe avere sul Cav, creatore di un partito leggero con diversi decenni di storia in meno. Sì, ma quale Fini? Difficilmente il Fini degli ultimi mesi, sfociato nel Fini dissidente di Futuro e libertà, regista di un’operazione che sa appunto di manovra di Palazzo, di «orizzonte politicista», di invenzioni da «eterno membro del Parlamento», di «passi tecnicamente inattaccabili per stretta logica parlamentare», magari «per compiacere il centrosinistra», ovvero proprio quel che Fini non dovrebbe fare, secondo le analisi del suo quotidiano supporter.

Che è appunto come dire che «Fini deve fare meno il D’Alema e più il Berlusconi, ma questa era una battuta. L’impressione è che se è vero che può salvarsi soltanto imitando Berlusconi, è pure vero che finora è riuscito solo a imitare D’Alema. E questa, per sua sfortuna, non è una battuta.

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