Roma - Ikea cresce in Italia e sbarca in Sicilia e Abruzzo, allargando la platea di punti di vendita in zone d’Italia al momento completamente scoperte: non senza denunciare, tuttavia, problemi di trasparenza e lungaggini burocratiche che complicano la vita alle multinazionali interessate a investire nel nostro Paese, a volte fino allo scoraggiamento e alla rinuncia.
Il bilancio dell’anno concluso ad agosto e il futuro immediato della divisione italiana del colosso dell’arredamento svedese sono stati illustrati dall’ad di Ikea Italia Roberto Monti, che fra un paio di mesi lascerà il posto a Lars Petersson per andare ad occuparsi dell’area Sud Est Europa.
L’anno finanziario 2009-2010 si è concluso con un fatturato in crescita dell’11,3% a oltre 1,5 miliardi di euro e con l’apertura di tre nuovi punti vendita a Villesse (Gorizia), Baronissi (Salerno) e San Giuliano Milanese, portando così a 18 il numero di negozi sul territorio nazionale, visitati da 43 milioni di persone (il 40% delle quali sono clienti), che fanno balzare l’Italia al quarto posto (dietro Germania, Stati Uniti e Francia) per le vendite con una quota dell’8%.
Non solo: l’Italia compra più di quanto vende, visto che la multinazionale svedese acquista dalle nostre aziende il 7% della merce che rivende. Oltre l’80% degli acquisti Ikea in Italia sono mobili, in prevalenza cucine. E molte sono anche le cucine vendute: 58mila in un anno anche grazie agli incentivi governativi, che hanno riguardato il 18% degli acquisti.
Investire in Italia può essere "terribilmente difficile" a causa della burocrazia e di trasparenza, ha detto Roberto Monti. Di certo, ha aggiunto, "serve molta capacità finanziaria e molta tenacia", caratteristiche, queste, soprattutto la tenacia "che noi abbiamo". Monti lamenta ad esempio "l’iter molto complesso per i permessi di costruzione e per i permessi commerciali"; e di "non trasparenza". E puntualizza: "Non si tratta di una richiesta di fare qualsiasi cosa", ma tutto ciò è "un limite del sistema per chiunque vuole investire". Monti aggiunge, rispondendo alla richiesta dei giornalisti di approfondire la sua posizione: "Si tratta di una mancanza di iter standardizzati che rende difficile capire come investitore a che cosa si va incontro. Si può certo capire che c’è disomogeneità nel paese. I progetti pero nascono quasi con un percorso ad hoc, che si deve costruire con i vari enti. Anche chi è molto esperto fa fatica a capire quale sarà il progetto alla fine".
A questo, prosegue Monti, "si aggiunge che (ma questo non solo in Italia) i vari governi nazionale, regionale, locale, ragionano nel breve termine, non pensando a lungo termine". E in qualche caso, conclude, è "mancanza di trasparenza", il che "non è un vantaggio per chi vuole investire, può scoraggiare".- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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