In Lombardia, secondo gli ultimi dati Istat elaborati da Studio Temporary Manager - società specializzata nei servizi di temporary management - ben il 74,5 per cento delle imprese lombarde con oltre 3 addetti, pari a oltre 145.200 aziende, è controllata da una persona fisica o da una famiglia e quasi un quarto di queste (22,3 per cento) tra il 2013 e il 2023 ha affrontato o affronterà il passaggio del testimone. Si tratta di una fase delicata per le imprese italiane in quanto alla terza generazione sopravvive solo il 15-20 per cento .
Eppure, secondo l'analisi di Studio Temporary Manager condotta su un campione di manager (C-Level, quadri direttivi, ecc.) che ha vissuto almeno un passaggio generazionale negli ultimi 10 anni , a livello nazionale solo il 15 per cento degli imprenditori ha pianificato con netto anticipo il passaggio, indirizzando i familiari verso percorsi in linea con la posizione che andranno a ricoprire. Inoltre, gli imprenditori nella loro scelta hanno cercato di dare precedenza agli equilibri familiari (per il 69 per cento dei manager) piuttosto che puntare alla competitività dell'impresa.
Risultato? La nuova figura spesso non è adeguata al nuovo ruolo in azienda (per il 56 per cento del campione), tanto da ottenere un giudizio medio come «capitano» che sfiora la sufficienza (6 su 10), valore ben lontano dai predecessori (7,5 su 10). Con inevitabili ripercussioni sulle performance aziendali: dopo due anni dal cambio di guida, un terzo ha indicato un calo del fatturato e oltre quattro su dieci (42 per cento) ha visto un peggioramento nel rapporto e nella gestione dei dipendenti. Ma c'è anche chi ha dovuto cessare l'attività (9 per cento).
La situazione cambia radicalmente quando i familiari eredi ricevono una formazione in linea con il loro nuovo ruolo, come fare esperienze in altre aziende o ricoprire incarichi non apicali in tutte le divisioni aziendali per conoscere a fondo l'impresa che si andrà a guidare: in questo caso, secondo l'83 per cento dei manager, la nuova figura si dimostra adatta a prendere le redini della società, con il giudizio che eguaglia quello dei predecessori (7,2 su 7,5). Di conseguenza, anche le performance dell'impresa ne traggono beneficio: per l'87 per cento dei manager, infatti, la situazione aziendale a livello generale è stabile o migliorata (solo per il 13 per cento è peggiorata), così come il fatturato, dove solo il 16 per cento ha avuto un calo. Migliora anche il rapporto e la gestione dei dipendenti, ma soprattutto il salto di qualità viene dal più alto livello di innovazione introdotto dalle nuove figure, indicato da quasi sei manager su dieci.
Perché gli imprenditori lasciano? La motivazione principale è l'età (per il 47% del campione): in media a 70 anni. Ma c'è anche chi lo fa per una questione di stanchezza (30 per cento), su pressione dei figli o familiari (24 per cento), costretto da problemi di salute (18 per cento) o da morte prematura (6 per cento).
Difficilmente però il neo «pensionato» lascia totalmente la guida dell'azienda al suo successore: secondo i manager, il 40 per cento degli imprenditori continua a entrare nelle scelte aziendali in modo importante e il 39 per cento lo fa in modo saltuario. Forse a causa della scarsa fiducia nell'erede, solo poco più di uno su cinque si fa completamente da parte.
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