Con le inchieste farsa fanno tutti carriera

Il procuratore della Repubblica, Giandomenico Lepore difende l'operato dei pm Woodcock-Curcio: "Nessun abuso di intercettazioni". E glissa sui fallimenti delle inchieste precedenti dei pm: tutti riveltatesi una farsa

Con le inchieste farsa 
fanno tutti carriera

Ma come: Napoli brucia e il procuratore della Repubblica, Giandomenico Lepore, risponde alle domande degli intervistatori che gli ricordano le pessime figure di Woodcock in tutte le sue inchieste fallimentari, i soldi inutilmente spesi per intercettare Vittorio Emanuele di Savoia, immaginato al centro di un’associazione a delinquere che non c’era; e ancora Fabrizio Corona, Elisabetta Gregoraci e Flavia Vento, Francesco Totti, di cui non aspettavamo che conoscere i segreti e i pettegolezzi già rivelati da Novella 2000 e da Dagospia, risponde, contro l’evidenza dei fatti, che «l’accusa è ingiustissima» e che il suo sostituto ha messo in luce le incredibili trame che riguardano Barbareschi, la Brambilla, la Carfagna e altre personalità pericolose per lo Stato. E aggiunge: «Mi dispiace per gli attacchi fatti ai colleghi, soprattutto a Henry Woodcock, per l’indagine in corso. Si tratta di un’inchiesta robusta, importante, nella quale Woodcock è affiancato da Francesco Curcio e il loro lavoro è coordinato dall’aggiunto Francesco Greco. Sono in campo, dunque, tre nomi tra i più validi dell’ufficio».

Però! Un esempio per i giovani. Come fare carriera sparandole sempre più grosse, e cercando mafie e organizzazioni segrete dove ci sono fanfaroni che parlano al telefono, dandosi arie. Avete notato che Woodcock e Bisignani si assomigliano? Hanno la stessa fronte e la stessa espressione inutilmente pensosa, i capelli radi e l’aria di saperla lunga. Ma l’uno ha gli occhiali del secchione che poi troverà posto nel mondo dell’impresa pubblica o privata sulla scia dei grand commis di Stato. L’altro ha l’aria del bullo che ha studiato il modello spavaldo di Di Pietro e lo ha raffinato dal genere contadino al genere dandy. In alternativa potrebbe fare il pilota di automobili da corsa.

Ma Lepore non ha dubbi: le intercettazioni sono necessarie per restituire un clima diffuso che non è pettegolezzo ma malcostume, forse penalmente rilevante (ma neanche il gip si è sentito di chiamare quelle ridicole e patetiche conversazioni, da cui si apprende che un generale si fa accompagnare a un incontro con D’Alema da Bisignani perché ha letto su un giornale, senza conoscerlo, che è una persona importante, associazione a delinquere). E tanto gli basta per legittimare l’inchiesta più insensata degli ultimi mesi che perfino il «maestro» Di Pietro non condivide e di cui non intende la rilevanza penale.

E intanto Napoli brucia. Ma si può stare tranquilli: anche il sindaco è un magistrato amico di Woodcock e ne condivide metodi e sparate. Senza vergogna dichiara che eliminerà la spazzatura in quattro o cinque giorni. E intanto la città brucia. Lepore sta in Procura e non la vede. Ascolta. Legge 15mila pagine di intercettazioni e relative considerazioni. Perfino Licio Gelli si indigna. E difende la dignità criminale, o supposta tale, della P2. Così fotografa la situazione: «La P2 era una cosa molto seria. Questa P4, se c’è, è un comitato carnevalesco».

Peccato che neanche Bisignani sapesse di farne parte, perché l’ha inventata e battezzata il suo doppio Woodcock che ha la titolarità della denominazione. Tornando all’etimologia delle parole, e alla consapevolezza delle scelte dell’uno o dell’altro club (altrimenti chiamato loggia), Gelli continua: «Bisignani era iscritto alla Loggia P2, era un ragazzo molto intelligente e intraprendente. Lo feci nominare segretario del ministro Gaetano Stammati. Da quei giorni l’ho rivisto solo una volta, nel 2004. Credo che Bisignani non abbia fatto nulla, potrà aver avuto dei contatti e basta».
Quanto alle relazioni, «si è fermato probabilmente soltanto all’Italia. E in Italia si fa presto a creare dei gruppi di amici opportunisti o creduloni che credono a questi rapporti che poi non concludono nulla». A carico di Bisignani c’è perfino di essere rintracciabile attraverso il centralino di Palazzo Chigi, come rivela l’inchiesta con grande stupore di un giornalista come Giovanni Valentini. Anche lui contattabile come giornalisti, giudici, politici e nomenclatura varia in Italia con lo stesso strumento, da Cirino Pomicino a De Benedetti a Scalfari a Ezio Mauro.

Anch’essi esponenti della P4 del centralino di Palazzo Chigi? E con loro lo stesso Valentini, Bersani, Vendola, perfino il senatore tedesco già assessore alla Sanità con il presidente della Regione Puglia e per il quale si è chiesta l’autorizzazione all’arresto al Parlamento che non ha ancora deciso. Tutti reperibili con lo stesso centralino, anche De Magistris e forse anche Lepore, magistrati e pregiudicati e perfino Maria Pia Fanfani, Mancino e Scalfaro, tutti con il numero segreto 0667791, il centralino di Palazzo Chigi (verificare su Pagine Gialle, Pagine Utili, internet). Le intercettazioni ci hanno rivelato questo segreto. Ma il senatore tedesco, esponente del Pd, non interessa al giornalismo che pratica il killeraggio per partito preso sparando titoli e balle.

Adesso è l’ora di Papa. Peccato che Papa non agisse come (inconsapevole) iscritto alla P4 ma esibendo la sua adesione a una ben più potente lobby, alla quale era iscritto di diritto: quella dei magistrati. In virtù dell’appartenenza alla quale poteva conoscere, informare, avvisare e perfino far sapere a Bisignani chi era intercettato da Woodcock. Informazioni segrete della P4? No. Comunicazioni interne e spiate della Procura. Papa conosceva il mondo che minacciava arresti o elaborava associazioni segrete sconosciute anche a chi ne faceva parte. Papa è collega di Woodcock e De Magistris (come quest’ultimo in aspettativa) ed ora delfino e pupillo del predecessore di Lepore, il grande Agostino Cordova che, invece di inventare P4 e P3, si era specializzato nel sequestro degli elenchi dei rotariani identificando anche il Rotary in una pericolosa setta eversiva. Nonostante la statura e la forza dovetti fortemente contrastarlo e ne ebbi molte querele.

Ma

anche in quel caso, tutto finì nel nulla e naturalmente le liste dei rotariani non portarono a nessuna pista segreta. Di quella storia, con tutta la passione di Cordova, resta soltanto Papa. Un magistrato di buona scuola.

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