Un incubo l’Australia del «traditore» Deans Francia, Inghilterra e Sudafrica le outsider

Se non vinceranno neanche questa volta allora a cadere non sarà solo la testa dell’allenatore ma quella del premier e di tutto l’esecutivo. In Nuova Zelanda il rugby non è solo questione di religione. L’ultima coppa la sollevarono nell’87 battendo la Francia. Da allora solo cocenti delusioni, roba da mandare dallo psicanalista tutto un Paese. L’Australia di Campese, quella di Mortlock, il Sudafrica di Mandela oppure la Francia di Villepreux e quella di Laporte: sono questi gli incubi dei neozelandesi che da ventott’anni vivono nel bel mezzo di una nevrosi, quella di essere i migliori senza mai arrivare a toccare la coppa. Ci riprovano quest’anno e stavolta senza appelli per il fatto di giocare in casa. Uno sforzo organizzativo incredibile che non è detto porti lo stesso ritorno economico di Francia 2007. Si gioca agli antipodi e i 4 milioni di tifosi del mondiale di quattro anni fa sanno tanto di sfida impossibile in tempi di crisi. Nella terra dove il rugby è religione, oggi si guarda solo al risultato. Le due sberle prese a Port Elizabeth dal Sudafrica e dall’Australia a Brisbane hanno fatto suonare il campanello d’allarme. Coach Graham Henry predica ottimismo e nella partita inaugurale di stamattina contro Tonga manda in campo una squadra che guarda lontano. C’è l’essenziale, ma non sarà quella l’intelaiatura per le sfide che valgono il mondiale. All Blacks favoriti ma concorrenza spietata, soprattutto quella dell’Australia di Robbie Deans, il neozelandese di Christchurch sogno proibito dei neozelandesi che alla fine ha accettato l’offerta australiana di allenare sull’altra sponda del mar di Tasmania. Deans è l’altro incubo dei neozelandesi perché, senza dirlo, vedere gli All Blacks perdere per mano dell’ex numero 10 sarebbe il massimo della beffa. Tutto sembra costruito per arrivare a questa finale. La Nuova Zelanda che gioca in casa e i wallabies che sono forse la squadra cresciuta di più e più in forma. Sarà l’Italia a testarli nella partita d’esordio di domenica notte al North Harbour Stadium di Auckland. Il ticket Cooper-Genia in mediana, Beale al vertice del triangolo ali-estremo e la mischia che non è più il tallone d’Achille della squadra. Tra gli outsider su tutti Sudafrica, Inghilterra e Francia. In tre per due posti tra le quattro regine dell’ultima settimana del mondiale.
Quattro anni fa, non fu un grande mondiale in terra di Francia. Nella terra dei kiwi ora tutti aspettano Dan Carter, il profeta del rugby moderno. È la stella nera della Nuova Zelanda. Senza di lui gli All Blacks sono altra cosa, fino a diventare vulnerabili. E l’Italia? Gli azzurri si giocheranno la solita occasione d’oro, quella di entrare tra le prime otto del mondo.

I quarti di finale sono l’obiettivo dichiarato di Mallett che dopo l’avventura in Nuova Zelanda passerà la mano al francese Brunel. Dopo l’Australia, gli ostacoli si chiamano Russia e Stati Uniti prima della sfida con l’Irlanda. Possiamo batterla? Sì. Riusciremo a farlo? Dipende ancora una volta da loro.

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