Infarto, meno morti grazie agli stents

Il Policlinico di San Donato pioniere nell’uso di queste piccole molle che permettono di ristabilire la normale circolazione del sangue

Poco meno di centomila italiani vengono colpiti, ogni anno, dall’infarto acuto del miocardio. Settantamila sopravvivono (vent’anni fa la sopravvivenza era del trentacinque per cento). Il merito va dato alle nuove terapie: in particolare - nel caso dell’infarto - agli stents, che sono piccole molle introdotte nelle arterie coronarie ostruite, per ristabilire la normale circolazione del sangue.
Agli stents è stata dedicata venerdì una giornata di studi presieduta dal professor Luigi Inglese, che dirige il laboratorio di emodinamica del Policlinico San Donato: una struttura d’eccellenza che - dal 1989 a oggi - ha già eseguito settantacinquemila interventi (più di quattromila nel 2006).
L’équipe del professor Inglese non si dedica soltanto all’applicazione degli stents ma innesta anche protesi vascolari nell’aorta toracica e in quella addominale. «Riparare» quest’arteria, come ha insegnato Edmondo Eduardo Malan, pioniere italiano della chirurgia vascolare (il suo migliore allievo, Ugo Ruberti, ha voluto che fosse dedicato a lui il Centro di San Donato), è tutt’altro che facile; ma chi lo fa strappa alla morte - in nove casi su dieci - un paziente seriamente compromesso.
Il Policlinico San Donato e l’ospedale San Raffaele sono, a Milano, le due strutture in cui meglio si affrontano (e si risolvono) le patologie cardiocircolatorie: dalle aritmie alle valvulopatie, dall’infarto all’aneurisma.
Tuttavia i maestri che si cimentano in questa difficile area terapeutica continuano a cercare soluzioni sempre più «sicure». Ed è stato proprio questo argomento che ha tenuto acceso il dibattito e la dialettica tra i medici presenti venerdì alla giornata di studi.

Sugli stents, per esempio, è ancora aperto il dibattito: conviene ricorrere a quelli «medicati» (arricchiti) cioè da farmaci a lento rilascio o a quelli tradizionali? Sulla questione si sono pronunciati in tanti.
Resta comunque un punto fermo: i cardiologi sono divisi. Potranno scegliere solo quando le loro casistiche saranno più ricche.

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