Il morbo di Parkinson è una malattia neurodegenerativa a lenta ma progressiva evoluzione, caratterizzata dalla degenerazione dei neuroni della substantia nigra, una piccola area del sistema nervoso centrale. Essi producono la dopamina, una molecola indispensabile per il controllo della postura e del movimento. Inoltre nella stessa substantia nigra si riscontra un accumulo dei cosiddetti corpi di Lewy, ovvero inclusioni sferiche formate da aggregati di una proteina chiamata alfa-sinucleina. Tali caratteristiche spiegano la sintomatologia del disturbo che si presenta in modo assimetrico e include tremore a riposo, rigidità, bradicinesia e instabilità posturale.
Nel 70% dei casi il morbo di Parkinson colpisce soggetti con più di 65 anni, in particolar modo uomini. Le forme giovanili sono rare e rappresentano circa il 5% delle diagnosi. In Italia ogni anno si ammalano circa 230mila persone ma, a causa del crescente invecchiamento della popolazione, tale numero è destinato a salire. La scienza, come sempre, cerca di fare la sua parte. Recentemente i ricercatori del MIT hanno identificato nel talamo tre circuiti che influenzano l'avvento di sintomi motori e non. Lo studio, pubblicato Nature, apre la strada allo sviluppo di nuove terapie.
Le cause del morbo di Parkinson
Attualmente le cause del morbo di Parkinson non sono note con precisione, tuttavia si ritiene che la sua genesi sia multifattoriale. Innanzitutto sono state individuate forme ereditarie provocate dalla mutazione di determinati geni (Parkina, Alfa-sinucleina, Glucocerebrosidasi, PINK1, DJ1, LRRK2-dardarina). Non influisce meno l'invecchiamento e la degenerazione dei neuroni nigrali e mesencefali ad esso associata. Secondo gli scienziati è bene non sottovalutare l'esposizione a certe sostanze tossiche (idrocarburi, insetticidi, pesticidi, metalli pesanti) e ad alcuni virus. Bisogna poi ricordare il ruolo dei fattori endogeni:
- Stress ossidativo
- Disfunzioni dei mitocondri
- Fenomeno dell'eccito-tossicità
- Accumulo di ferro nella sostanza nera.
I sintomi del morbo di Parkinson
I sintomi del morbo di Parkinson esordiscono in maniera subdola e la loro gravità varia da paziente a paziente. L'evoluzione della malattia è davvero molto lunga, basti pensare che per il raggiungimento stadio finale possono passare anche dieci o quindici anni dalla diagnosi. Generalmente le prime manifestazioni a presentarsi sono quelle motorie. Oltre al tremore il malato sperimenta: bradicinesia, rigidità, acinesia, alterazione dei riflessi posturali, disturbi dell'andatura, crampi muscolari, dolori e parestesie.
Con il passare del tempo la sintomatologia motoria si aggrava e ad essa si associano problematiche neuropsicologiche (depressione, bradifrenia, ansia, disfunzioni cognitive) e autonomiche (scialorrea, disfagia, riduzione del peso, stipsi, urgenza minzionale, ritenzione urinaria, perdita dell'olfatto, insonnia, deficit dell'erezione). Nelle fasi finali si riscontrano spesso sbalzi pressori, disartria (la voce diventa flebile e monotona) e soprattutto blocchi della deambulazione che espongono il malato al rischio di pericolose cadute.
Il morbo di Parkinson e la nuova molecola oceanica
I chimici organici dell'Università della California-Los Angeles hanno creato la prima versione sintetica di una molecola recentemente scoperta in una spugna di mare che potrebbe avere benefici terapeutici per il morbo di Parkinson. La molecola, nota come acido lissodendorico A, sembra infatti contrastare le altre molecole che danneggiano il DNA, l'RNA, le proteine e persino le cellule intere. Lo studio, guidato dal professore Neil Garg, è stato pubblicato su Science.
Per la ricerca il team ha utilizzato un composto insolito e a lungo trascurato, l'allene ciclico, al fine di controllare un passaggio cruciale nella catena di reazioni chimiche necessarie per produrre una versione della molecola utilizzabile in laboratorio. Questo progresso potrebbe rivelarsi vantaggioso per lo sviluppo di altre molecole complesse in ambito farmaceutico. Un fattore chiave che complica la realizzazione di molecole organiche sintetiche è la chiralità.
Molte molecole, tra cui l'acido lissodendorico A, possono esistere in due forme distinte che sono chimicamente identiche e speculari. Ogni versione è chiamata enantiomero. Se usato in prodotti farmaceutici, un enantiomero può avere effetti curativi. Il gemello, al contrario, può rivelarsi pericoloso. Sfortunatamente la creazione di molecole organiche in laboratorio produce spesso una miscela di entrambi gli enantiomeri e la rimozione chimica aggiunge difficoltà, costi e ritardi al processo.
Lo studio
Per produrre in maniera rapida ed efficiente solo l'enantiomero dell'acido lissodendorico A che si trova quasi esclusivamente in natura, i ricercatori hanno impiegato alleni ciclici come intermediari nel processo di reazione in dodici fasi. Il team ha scoperto che poteva sfruttare le qualità uniche dei composti per generare una particolare versione chirale di alleni ciclici. Le reazioni chimiche ottenute hanno così l'enantiomero desiderato della molecola A dell'acido lissodendorico.
Il prossimo passo sarà quello di testare in maniera più approfondita la molecola al fine di utilizzarla per la creazione di farmaci efficaci contro il morbo di Parkinson.
Ma non è tutto. Secondo gli studiosi, in futuro, potranno essere messe a punto nuove strategie terapeutiche anche per l'Alzheimer, la malattia neurodegenerativa più diffusa in assoluto, le cui diagnosi sono in costante aumento.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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