Il morbo di Parkinson è una malattia neurodegenerativa a lenta ma progressiva evoluzione che colpisce i gangli della base, strutture del cervello che partecipano alla corretta esecuzione dei movimenti. La sintomatologia si presenta in modo assimetrico, ovvero un lato del corpo è più interessato dell'altro, e include: tremore a riposo, rigidità, bradicinesia, instabilità posturale. I neuroscienziati del MIT (Massachusetts Institute of Technology) hanno identificato nel talamo tre circuiti che influenzano lo sviluppo di sintomi motori e non motori. Inoltre sono giunti alla conclusione che la manipolazione di tali circuiti potrebbe invertire le manifestazioni del morbo di Parkinson nei topi. Lo studio è stato pubblicato su Nature.
Il talamo è costituito da diverse regioni che svolgono una moltitudine di funzioni. Ad esempio il talamo parafascicolare (PF) aiuta a controllare il movimento. Nei pazienti affetti da morbo di Parkinson si verifica spesso una degenerazione di queste strutture e si pensa che essa possa contribuire all'innesco delle manifestazioni motorie. Il team, cercando di capire in che modo il talamo parafascicolare è collegato ad altre regioni del cervello, ha scoperto che i suoi neuroni proiettano tre differenti parti dei gangli della base: il putamen caudato (CPu), il nucleo subtalamico (STN) e il nucleo accumbens (NAc).
Questi circuiti sono perlopiù non sovrapposti e quindi, molto probabilmente, hanno funzioni distinte. Il circuito che proietta al putamen caudato sembra essere coinvolto nella locomozione generale e serve per smorzare il movimento. Quando i ricercatori lo hanno inibito, i roditori hanno trascorso più tempo a muoversi intorno alla gabbia in cui si trovavano. Il circuito che si estende nel nucleo subtalamico, invece, è fondamentale per l'apprendimento motorio. Gli studiosi hanno scoperto che esso è necessario per lo svolgimento di un compito da parte dei topi che prevede il sapersi bilanciare su un'asta che gira con velocità crescente.
Infine gli scienziati sono giunti alla conclusione che, a differenza degli altri, il circuito che collega il talamo parafascicolare al nucleo accumbens non è coinvolto nell'attività motoria, ma potrebbe invece essere legato alla motivazione. L'inibizione dello stesso genera nei roditori sani comportamenti simili alla depressione. In seguito il team ha deciso di approfondire l'influenza dei circuiti nel morbo di Parkinson. Per fare ciò ha utilizzato un modello murino della patologia nel quale i neuroni che producono dopamina nel mesencefalo vengono persi.
Si è così scoperto che in questo modello la connessione fra il talamo parafascicolare e il putamen caudato era migliorata con una conseguente significativa diminuzione del movimento complessivo. Inoltre le connessioni dal talamo parafascicolare al nucleo subtalamico erano indebolite e ciò rendeva più difficile per i topi il compito dell'asta di accelerazione. Infine i neuroscienziati hanno dimostrato che nel modello del morbo di Parkinson anche le connessioni dal talamo parafascicolare al nucleo accumbens sono state interrotte e che ciò ha portato i roditori a soffrire di sintomi simili alla depressione, inclusa la perdita di motivazione.
Usando la chemiogenetica o l'optogenetica (tecniche che consentono di controllare l'attività neuronale con un farmaco o con una luce), si è compreso che era possibile manipolare questi tre circuiti e quindi di invertire ogni serie di sintomi della malattia. Successivamente si è deciso di cercare bersagli molecolari che potrebbero essere "farmacologici" e si è così scoperto che ciascuna delle tre regioni del talamo parafascicolare possiede cellule che esprimono diversi tipi di recettori colinergici che sono attivati dal recettore acetilcolina. Bloccando o attivando quei recettori è stato possibile invertire la sintomatologia del morbo di Parkinson.
I risultati suggeriscono che questi circuiti potrebbero essere bersagli per nuovi farmaci. «La tecnologia di sequenziamento dell'RNA - concludono i ricercatori - ci consentirà di eseguire un'analisi molecolare molto più dettagliata e specifica per tipo di cellula.
Ci potrebbero essere bersagli farmacologici migliori in queste cellule e, una volta che si conoscono le tipologie cellulari che si desidera modulare, è possibile identificare tutti i potenziali bersagli terapeutici in esse».
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