I punti chiave
Si tratta di una patologia altamente invalidante con un'evidente alterazione delle funzioni cognitive e percettive: la schizofrenia può limitare enormemente le normali attività quotidiane di chi ne soffre ma oggi c'è una speranza che possa essere riconosciuta in tempo utile e in maniera precoce grazie ad alcune "spie" che si trovano nel sangue.
Il ruolo degli amminoacidi
Secondo lo studio italiano durato cinque anni e portato avanti da Ceinge Biotecnologie Avanzate "Franco Salvatore" di Napoli e dell'Università "Aldo Moro" di Bari e con la collaborazione del Policlinico di Bari, l'Università Federico II di Napoli, l'Irccs "Cà Granda" Ospedale Maggiore Policlinico di Milano e l'Università Luigi Vanvitelli della Campania, è stato scoperto che due amminoacidi indicano il possibile sviluppo di questa malattia in persone ancora perfettamente sane.
Lo studio
Quando si parla di amminoacidi si intendono quei "mattoncini" di molecole organiche che si trovano nel nostro organismo. Lo studio, che necessiterà di nuovi dati, è stato pubblicato sulla rivista Schizophrenia e hanno preso in esame 251 persone che sono state divise in quattro diversi gruppi in base al diverso stadio in cui si trovava la loro malattia. I dati in possesso dei ricercatori hanno messo in luce importanti differenze dei livelli di amminoacidi nel sangue e specialmente per due tipologie che si chiamano D-aspartato e D-serina.
Cosa può cambiare
"Questi potrebbero rappresentare biomarcatori utili per tracciare gli stadi precoci di psicosi, prima che i sintomi della schizofrenia diventino clinicamente manifesti", ha affermato il professor Alessandro Usiello di Ceinge e Università Vanvitelli. "I nostri risultati gettano le basi per un potenziale utilizzo di tali marcatori periferici nella diagnosi precoce", ha sottolineato l'esperto. Se confermati, dunque, potranno essere di fondamentale importanza per le diagnosi precoci mettendo in atto tutta una serie di interventi per evitare che la schizofrenia possa prendere piede e diventare invalidante nel corso del tempo.
"È venuto fuori un quadro biochimico che potrebbe indicare che la progressione da stadi prodromici e precoci della malattia a fasi in cui la stessa diventa clinicamente manifesta, fino a cronicizzarsi, sono caratterizzati da una diversa composizione del milieu di D-aminoacidi circolanti nel siero dei soggetti. I nostri risultati gettano le basi per un potenziale utilizzo di tali marcatori periferici nella diagnosi precoce e nella stadiazione della schizofrenia", ha dichiarato il professor Antonio Rampino dell’Università di Bari "Aldo Moro".
"Gli esperimenti devono essere ripetuti e confermati in altri gruppi di pazienti presso altri ospedali italiani, in quanto potrebbero rappresentare un primo passo nella crescente ricerca di strategie per la diagnosi e l’intervento precoce nella schizofrenia" conclude il professor Francesco Errico, docente di Biochimica dell’Università degli Studi di Napoli Federico II.
Numeri e sintomi
La schizofrenia è un grave disturbo psicotico che colpisce più o meno 20 milioni di persone in tutto il mondo con una qualità della vita che, come detto, è altamente invalidante e incide in maniera negativa sulla qualità della vita dei pazienti. Tra i sintomi di questa malattia ci sono delirio e allucinazioni ma anche deficit cognitivi e ritiro dalla vita sociale.
Tutti i partecipanti a questo studio hanno ricevuto un semplice prelievo di 10 ml di sangue che ha successivamente fornito i risultati sopra descritti. Gli studiosi hanno poi notato, in maniera sorprendente, un livello di quelle due tipologie di amminoacidi rispetto a coloro i quali non hanno mai sviluppato la malattia.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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