Losko, segnali di fumo salentini

Il piccolo locale aperto da tre soci e amici (due sono fratelli) in via Lecco a Milano porta nella grande città il progetto inaugurato nel 2012 a Capilongo con una macelleria trasformata in ristorante. Ogni piatto è cotto alla brace, dalle verdure al quinto quarto fino al dolce e ai cocktail. L’ambiente è un po’ enigmatica, l’atmosfera da ritrovo di anime inquiete che conquista alla prima visita

Losko, segnali di fumo salentini

Losko è il modo in cui si salutano David, Ismaele, Manuel e i loro amici, nel basso Salento “Ciao Losko!”. E Losko è il nome del brand che da un paio di mesi hanno portato a Milano, al numero 15 di via Lecco. Un locale piccolo ma ricco di carattere, che vuole essere un po’ enigmatico e misterioso, vagamente losco, appunto, e che rappresenta l’evoluzione di un progetto nato nel 2012 a Capilongo, in Salento. Qui i fratelli Manuel e Ismaele Marzano e l’amico Jose David Ramirez trasformano in ristorante una macelleria di famiglia, puntando su materie prime di eccellenza, su ricette tradizionali (come le bombette che diventano iconiche), sull’abbinamento con vini naturali, su un servizio contemporaneo.

Losko Milano conserva lo spirito dell’idea originaria, naturalmente evolutasi con il tempo, adattandola alla realtà di una metropoli frettolosa. Ma qui la fretta non è la benvenuta, perché l’idea è lasciarsi trasportare in un tempo lento, dedicato al godimento. La brace resta centrale, ma i tre titolari ci tengono a non confondersi con una qualsiasi braceria specializzata in carne, come a Milano ce ne sono decine. Perché qui alla brace ci finisce tutto e di tutto: quinto quarto, ortaggi, perfino la frutta e il dolce e addirittura i cocktail. La brace diventa quindi uno strumento di espressione di una filosofia gastronomica essenziale che vuole portare ogni ingrediente all’essenziale e valorizzare i prodotti più poveri dandogli carattere e utilizzandone ogni parte secondo una filosofia no waste che non è solo slogan ma una convinta adesione allo Zeitgeist.

Il menu, realizzato da Manuel (Jose David si occupa della cantina e del beverage e Ismaele della parte amministrativa) specifica chiaramente che ogni piatto subisce una o più cotture alla brace. I lattici sono utilizzati con estrema misuraL’uso ridotto di latticini, uova e glutine rende Losko accessibile anche a chi ha intolleranze alimentari. Il pesce utilizzato è solo all’amo, la carne arriva dalla macelleria di famiglia. Si parte con una sezione piuttosto nutrita di vegetali: io ho provato la Lattuga croccante alla brace con dressing al bloody mary, l’hummus di ceci con olio alla menta, polvere si frutti rossi e ceci croccanti, la buonissima Patata ancestrale, cotta sotto cenere e “boostata” da un caciocavallo di grotta e dall’olio al rosmarino, la Bietola rossa con crema di pera e aceto di melograno, la magnifica Cima di rapa con foglie ripassate in aglio, olio e peperoncino, e va bene che io una passionaccia per questa brassicacea, ma in questa versione me ne sono davvero innamorato. E siccome io sono gastronomicamente poliamoroso, ho provato lo stesso sentimento per il Carciofo romanesco ottimamente realizzato, con una polvere ottenuta dalle parti di scarto.

Della sezione dedicata al quinto quarto ho provato soltanto la Trippa alla brace cotta su uno spiedo con uno spicchio di limone scottato, di una leggerezza che mi ha ricordato la mano di Diego Rossi. Non ho invece assaggiato gli Gnommareddhi, gli involtini di cuore, fegato e polmone di agnello, sarà per la prossima volta. Così come per i formaggi di capra (lo stravecchio e l’erborinato) che sono proposti separatamente o assieme. Nella parte dedicata alle proteine animali mi affido alla Ventresca di tonno, anch’essa allo spiedo, anche se ero davvero tentato dalle Bombette e dalla Costata di vacca vecchia. Due assaggi di dolci alla brace: l’Ananas “impiccato” (perché appeso sulla brace) con latte di cocco, bourbon e olio al basilico e la Panna cotta di capra con crema si mango e cupeta. Ogni giorno c’è anche qualche fuori menu: chiedete senza timori né tremori.

Il ristorante è piccolo è piacevole, ha un po’ l’aria del rifugio di anime perse con brandelli di vita e di arte. Un arco in mattoni divide i due piccoli ambienti, il primo, quello all’ingresso, con un bancone e l’altra con un pugno di tavolini. L’offerta è versatile, si può venire anche solo per un cocktail (io ho provato un ottimo Losko Martini pescando dalla lista dei signature tutti con toni affumicati. Per chi preferisce, c’è anche una buona selezione di vini con tanta Francia, soprattutto Champagne Borgogna e Alsazia. Non troverete produttori mainstream ma piccole chicche selezionate con cura e anche qualche vino ribelle. Ogni tanto si tengono serate sopra le righe, con musica e gente bella, ma chi vuole averne un’anticipazione può recarsi nel bagno dancefloor, dentro il quale la musica a palla fa quasi dimenticare le funzioni corporali. Servizio attento, sorrisi d’ordinanza, un luogo che ti fa venire voglia di diventarne un habitué.

I prezzi: ogni piatto tra gli 8 e i 15 euro, solo i piatti proteici costano di più tra i 24 e i 30 euro. Dolci a 9 e 10 euro.

Per un antipasto vegetale, un piatto principale e un dessert aspettatevi di spendere sui 50 euro. Onesti i ricarichi dei vini.

Losko, via Lecco 15, tel. 0235947507 – 3884273329. Aperto la sera dalle 18 a mezzanotte, la domenica anche a pranzo, chiuso il martedì

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